Si avvia all’archiviazione a Milano l’ultimo procedimento italiano sul Qatargate. La procura del capoluogo lombardo non possiede prove sufficienti per sostenere l’accusa di riciclaggio mossa alla Equality Consultancy, società con sede a Opera, che per gli inquirenti belgi rappresentava il canale usato dall’ex eurodeputato Pier Antonio Panzeri per reintrodurre in Italia parte delle tangenti ricevute in Belgio da Qatar e Marocco per influenzare l’attività del Parlamento europeo.

Gli atti furono trasferiti a Milano dal giudice istruttore Michel Claise e dal procuratore federale Raphaël Malagnini alla fine di gennaio 2023, circa un mese e mezzo dopo gli arresti che avevano scosso l’Europarlamento. La documentazione ricevuta dal procuratore Marcello Viola e dai pm Fabio De Pasquale e Cecilia Vassena era tuttavia limitata, spiega il Corriere. Al centro delle indagini vi erano presunti flussi di 275mila euro provenienti da Turchia e Inghilterra e versati su Equality, ritenuta un potenziale veicolo di riciclaggio per le presunte tangenti destinate a Panzeri e al suo ex collaboratore Francesco Giorgi.

A causa di questa vicenda, a finire nei guai fu pure la commercialista Monica Bellini, che trascorse un giorno a San Vittore per poi finire per due settimane agli arresti domiciliari, in esecuzione di un mandato d’arresto europeo emesso da Claise. La richiesta di consegna al Belgio fu però negata dai giudici milanesi che, dopo aver vanamente sollecitato informazioni aggiuntive, la ritennero «assai vaga».

Bellini rimane indagata, insieme a Panzeri, Giorgi, l’ex vicepresidente del Parlamento europeo Eva Kaili e una trentina di altre persone, nell’inchiesta belga che, a tre anni dall’avvio, rimane impantanata. E a ciò si aggiunge la recente indagine belga su diversi membri dell’ufficio anticorruzione, indagati per aver orchestrato lo scandalo Qatargate in collaborazione con i principali giornalisti investigativi belgi.

Dalle verifiche effettuate a Milano, supportate dalle dichiarazioni di Panzeri e Giorgi (che hanno sempre dichiarato la legalità dei fondi), è emerso che Equality aveva ricevuto 75mila euro dall’avvocato turco Hakan Camuz ( con base a Londra e ritenuto vicino al presidente Erdogan) e altri 200mila euro da una società turca nel 2018. All’epoca, Panzeri era ancora eurodeputato di Articolo Uno, dunque pubblico ufficiale, cosa che aveva fatto sorgere il sospetto di corruzione internazionale. Le indagini non hanno approfondito tali relazioni a causa della mancata risposta della Turchia alla rogatoria italiana. I pubblici ministeri sono riusciti invece a sentire Camuz in Inghilterra. L’avvocato ha riferito di essersi rivolto a Giorgi, indicatogli come persona influente, per ottenere finanziamenti europei mai concretizzati. Lo ha definito un «grande lobbista», termine che riporta all’origine dell’inchiesta Qatargate, inizialmente nata per attività di lobbying opache e poi evoluta nell’accusa di corruzione.

Alla luce di questi elementi, De Pasquale e Vassena hanno presentato alla gip Angela Minerva la richiesta di archiviazione per l’indagine su Equality. Così come avevano fatto nell’aprile 2024 per l’altro filone, quello relativo ai 50mila euro che, come verbalizzato da Panzeri, il Qatar avrebbe versato nel 2018 all’assistente di Susanna Camusso per la sua candidatura alla presidenza della Confederazione sindacale internazionale (Ituc). In quel caso, l’ex segretaria generale della Cgil, inizialmente indagata per corruzione, era stata in seguito prosciolta data la totale assenza di riscontri.

Oggi, intanto, un altro capitolo si giocherà all’Eurocamera, dove si voterà sull’immunità delle eurodeputate dem Alessandra Moretti e Elisabetta Gualmini. Gli inquirenti belgi ne hanno chiesto la revoca sulla base di pochi elementi contraddittori. La Commissione Juri, nei giorni scorsi, ha votato a favore di Gualmini, optando però per la revoca a Moretti. Sul punto, ieri, è intervenuto il capodelegazione del Pd al Parlamento europeo Nicola Zingaretti.

Il Parlamento europeo, ha detto, «valuti in piena autonomia le scelte da fare, ma tutelando la dignità e l’autonomia delle prerogative parlamentari. Molte delle circostanze riportate nelle carte depositate in Parlamento dalla procura a sostegno di questa richiesta si sono rivelate prive di fondamento e ogni giorno, sulla stessa inchiesta, ormai ferma da anni, si addensano nubi e interrogativi sui metodi e sulle finalità che hanno guidato il lavoro investigativo - ha sottolineato -. La lotta alla corruzione non è in discussione, così come l’impegno quotidiano contro qualsiasi atteggiamento illecito, ma è evidente che in questo caso sono in discussione pilastri dello Stato di diritto, che presuppongono la presunzione di innocenza e il dovere del rispetto delle regole nel percorso investigativo».