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«La mia sensazione è che si sarebbe dovuto indagare molto rapidamente sull’inizio delle fughe. Avevo fatto questa richiesta ai signori Bisschop (Eric, ndr) e Malagnini (Raphael, ndr) della procura federale, ma mi è stato risposto che non vi vedevano alcun interesse e che sarebbe stata una perdita di tempo. È quindi rimasto tutto così». Patrick Ludinant, direttore della direzione centrale di lotta contro la criminalità grave e organizzata del Belgio, aveva provato a fermare le fughe di notizie sul Qatargate, il presunto scandalo in seno al Parlamento europeo. Ma non è stato ascoltato, nonostante quelle fughe - che lo «sorprendevano» - potevano mettere a rischio l’inchiesta stessa.
Sono elementi pesanti quelli che emergono dall’indagine che fa scricchiolare la Mani Pulite europea. Rivelazioni che aggiungono un ulteriore tassello ad un quadro già di per sé distopico, caratterizzato da un vero e proprio accordo - svelato oggi dal Dubbio - tra la polizia e la stampa. Esisteva infatti una «squadra d’azione» - come emerge dagli atti dell’indagine coordinata dal giudice istruttore Olivier Anciaux - capace di controllare il racconto mediatico su uno scandalo di corruzione ormai sempre meno credibile. Al punto che i giornalisti di Le Soir e Knack sono stati in grado di scrivere, il giorno prima del blitz, le bozze complete degli articoli, con nomi e dettagli precisi, prima ancora che l’operazione scattasse. Bozze che - come vi abbiamo raccontato - venivano inviate al commissario Hugues Tasiaux, direttore ad interim del dipartimento anticorruzione, in una chat criptata su Signal - denominata “KnackSoirQatar” - poi cancellata.
Ma a “tradire” Tasiaux è stato uno screenshot di quella conversazione. Negli atti che il Dubbio ha potuto visionare emergono altri dettagli che contribuiscono a descrivere il sistema opaco scoperto all’interno della giustizia belga. Quel sistema che Tasiaux - arrestato a giugno scorso e poi rilasciato, a condizione che non si occupi più del fascicolo sul Parlamento europeo e si tenga lontano dai giornalisti - ha prima negato e poi ammesso, parlando della necessità di tenere «al guinzaglio» i giornalisti. Che ricevevano informazioni, dunque, ma dovevano aspettare il «via» per pubblicarli. Sia Tasiaux sia Nino Alvarez - l’ispettore che rivelò all’ex assistente parlamentare Francesco Giorgi che la procura non ritiene credibile il pentito Pier Antonio Panzeri, ex eurodeputato ritenuto al vertice del presunto sistema di corruzione - «hanno dichiarato pubblicamente più volte che la stampa dovesse essere coinvolta affinché le cose potessero avanzare», ha sottolineato Ludinant.
È stato Philippe Noppe, capo dell’Ufficio centrale per la lotta contro la criminalità economica e finanziaria organizzata, a confermare, davanti agli inquirenti, l’esistenza di un accordo tra i giornalisti di Le Soir e la magistratura. «Ho incontrato i giornalisti de Le Soir nell’ambito del dossier Mezzo (Qatargate, ndr) - ha raccontato -. Non posso darvi la data ma doveva essere ottobre 2022, cioè due mesi prima dell’inizio delle perquisizioni. Hugues Tasiaux mi aveva chiesto di accompagnarlo dicendo che aveva l’accordo della magistratura e che dopo questo incontro avrebbe inviato una nota confidenziale alla procura federale, precisando, suppongo, il contenuto del nostro incontro con i giornalisti de Le Soir. Eravamo al Caberdouche, piazza della Libertà, in fondo a una sala molto discreta. Con grande sorpresa, ho constatato che i giornalisti de Le Soir conoscevano già molti elementi di questo famoso dossier Mezzo. La discussione aveva come obiettivo di non pubblicare nulla prima di qualsiasi azione da parte dell’Ocrc. Poiché sono giornalisti professionisti e seri, hanno mantenuto la parola».
Ma non solo. Tra le persone ascoltate da Anciaux durante l’indagine c’è Marie-Louise Ngongo Essomba, contabile dell’Ocrc, l’ufficio anticorruzione, e responsabile del conteggio del denaro sequestrato. La donna, stupita, ha raccontato agli inquirenti che i giornalisti conoscevano l’importo prima ancora che fosse ufficialmente conteggiato. «Il giorno delle perquisizioni, mi sono ritrovata al Poste de Commandement Opérationnel e ho aiutato il direttore Ludinant a riportare il denaro che era stato trovato durante la perquisizione - ha spiegato -. Sono certa che la somma è stata annunciata al Pc Ops, ricordo di 500.000 mila euro. Mia madre, che non sapeva nemmeno che lavorassi su questo dossier, mi ha detto la sera stessa che la stampa aveva parlato di molti soldi sequestrati, 600mila euro. Allora mi sono detta: ma come hanno potuto saperlo? Avevo posto la domanda a un collega (non ricordo chi) per sapere come fosse possibile e mi ha risposto che a volte i colleghi parlavano con i giornalisti. Quindi sì, ero molto sorpresa».
Nel fascicolo viene più volte menzionato il ruolo dei Servizi segreti, dai quali i giornalisti, secondo gli investigatori coinvolti, erano riusciti ad avere notizie prima ancora che le stesse arrivassero alla polizia. È stata dunque la Sicurezza nazionale, allertata da servizi stranieri (la cui provenienza non è mai stata specificata), ad avviare le indagini su Panzeri e sugli altri deputati europei coinvolti, dando il via al caso con una nota di 15 pagine. Una nota a dir poco succinta, che forniva solo pochi elementi concreti. E gli stessi Servizi non avevano ritenuto l’allora vicepresidente del Parlamento europeo Eva Kaili coinvolta nella presunta rete corruttiva.
Tutto ciò viene svelato mentre è in corso il controllo della regolarità dell’istruttoria davanti alla chambre des mises en accusation di Bruxelles, che fino al 12 dicembre ascolterà le parti per comprendere se le indagini siano state svolte in maniera legale. Udienze che si svolgono a porte chiuse, su richiesta del Parlamento europeo. Secondo gli indagati, sarebbero molteplici le irregolarità compiute da procura, investigatori e Servizi segreti. I legali di Giorgi e Kaili - la cui difesa è stata ascoltata oggi - hanno chiesto l’archiviazione del caso. Di parere diverso l’ex eurodeputata belga Maria Arena, che invece vuole chiarire nel merito la sua estraneità. Dal canto suo, la procura federale ha chiesto di non utilizzare gli elementi del fascicolo su Tasiaux, sostenendo una violazione della sua privacy.


