Per l’Anm si tratta di una forzatura che «comprime il dibattito e la discussione su una riforma che cambierebbe il volto della nostra Costituzione». Per il ministro Nordio, invece, è ora di chiudere: «Hanno già avuto tutti i tempi disponibili, hanno fatto decine di audizioni, centinaia di interpelli, hanno ascoltato tutte le persone possibili, hanno sentito le opinioni più varie». Insomma, la decisione di potare in Aula, il prossimo 11 giugno, la riforma della separazione delle carriere già provoca polemiche.

L’Aula del Senato ieri mattina ha respinto le richieste delle opposizioni di modifica del calendario dei lavori rispetto a quello approvato due giorni dalla conferenza dei capigruppo che, tra le varie cose, ha deciso che il ddl sulla riforma costituzionale della separazione della carriere approdi nell’emiciclo di Palazzo Madama l’ 11 giugno, molto probabilmente senza il mandato al relatore e senza l’esame dei 1300 emendamenti presentati dalle opposizioni. Durante il dibattito non sono mancate forti polemiche tra maggioranza e opposizione, non nel merito della norma bensì sulle procedure.

La prima rivendica di aver effettuato una approfondita istruttoria sul tema in commissione Affari Costituzionale, la secondo critica la compressione e compromissione nel dibattito e la mancata possibilità di emendare il provvedimento, come richiesto dal Guardasigilli. Ma vediamo cosa è accaduto ieri. In apertura di seduta, il presidente del Senato Ignazio La Russa, che pure aveva mediato con il presidente dei senatori di Fi, Maurizio Gasparri, che voleva l’arrivo in Aula il 28 maggio, ha fatto un appello ai presidenti di tutte le commissioni affinché per tutti i provvedimenti si eviti di arrivare in aula senza il mandato al relatore.

La seconda carica dello Stato è consapevole che si tratta di una forzatura, seppur legittima al regolamento, che potrebbe creare dei problemi di ‘ immagine’ alla maggioranza, già sotto attacco delle opposizioni per aver blindato il dl sicurezza e aver messo nel cassetto tutto il dibattito sul precedente ddl. Subito dopo, gli esponenti di M5s, Pd, Avs e Iv sono intervenuti per ribadire le motivazioni in base alle quali hanno votato contro rispetto al calendario predisposto dalla capigruppo. Le opposizioni hanno avanzato delle richieste di modifica del calendario che sono state sottoposte al voto ma respinte. Il presidente dei senatori del M5S, Stefano Patuanelli ha dichiarato: «Ci siamo stufati dell’arroganza della maggioranza perciò abbiamo votato contro il calendario. Non volete lavorare tutta la settimana. Perché convocate la commissione solo dal martedì pomeriggio al giovedì mattina?».

Ha replicato poi il presidente della commissione Affari costituzionali, Alberto Balboni: «La mia Commissione è quella che lavora più di tutti. Sono i suoi colleghi di opposizione che non vogliono lavorare dicendo che il lunedì devono stare sul territorio, che poi il giovedì e il venerdì devono ripartire. Se vuole le faccio i nomi e i cognomi». Sulla riforma della Giustizia, ha aggiunto Balboni: «ci sono state oltre 60 audizioni, 170 interventi in sede di illustrazione di emendamenti, 35 sedute dedicate all'argomento. Quella che noi non vogliamo lavorare è un'affermazione che non possiamo accettare» ha osservato gridando «Bugiardo!» a chi lo stava contraddicendo. «L'opposizione voleva esattamente questo - ha incalzato il senatore di FdI - voleva che venissimo in Aula senza relatore per denunciare questo fatto, ma il gioco è troppo sporco perché non si comprenda».

In effetti in una delle ultime sedute, ad esempio Peppe De Cristofaro ( Avs), aveva partecipato l’esigenza di non convocare la commissione il lunedì e il venerdì: «Quei giorni sono riservati allo svolgimento dell'attività politica sul territorio, tanto più necessaria nel prossimo mese per sostenere la campagna referendaria. Chiede quindi che, quanto meno fino al 9 giugno, non si convochino sedute il lunedì e il venerdì», si legge nello stenografico. Parole molto dura contro la maggioranza sono arrivate dal presidente dei senatori del partito democratico Francesco Boccia: «È vergognoso che la maggioranza imponga che la riforma costituzionale della giustizia arriva in aula senza relatore. È la prima volta che una riforma costituzionale governativa non viene modificata nei due rami del Parlamento per i diktat di un ministro, in questo caso Nordio, e va in aula senza mandato al relatore. È la prima volta nella storia della Repubblica e dà il senso dell'arroganza, della prevaricazione e della considerazione che questo governo ha del Parlamento».

Soddisfatto invece il vice ministro alla giustizia, Francesco Paolo Sisto: «Con il via libera dell'aula del Senato al calendario dei lavori, abbiamo finalmente una data per l'approdo in assemblea del ddl sulla separazione delle carriere, il prossimo 11 giugno. Si potrà così procedere alla definizione del provvedimento in tempi ragionevoli, rispettosi del dibattito parlamentare ma anche della volontà della maggioranza e del governo di tenere fede al programma elettorale. Sarà un ulteriore, fondamentale passaggio: l'approvazione in seconda lettura di una riforma a lunga attesa non dalla politica, ma dai cittadini. Continuiamo, con serietà e tenacia, il percorso verso la realizzazione piena dei principi e delle garanzie costituzionali del giusto processo». E, come dicevamo, l’Anm: «Esprimiamo - dicono le toghe in una nota - la nostra profonda preoccupazione. Ridurre il confronto parlamentare significa anche ridurre gli spazi di discussione pubblica, che invece sono necessari in un Paese democratico» .