Ha presentato ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo ( Cedu) Salvatore Furci, ex comandante della polizia locale di Trezzano sul Naviglio, in provincia di Milano. Nel 2024 Furci era stato condannato a quattro anni e mezzo di carcere per calunnia e detenzione di sostanze stupefacenti.

Secondo l’accusa, a gennaio del 2020 aveva fatto nascondere delle dosi di cocaina all’interno dell’auto di Lia Gaia Vismara, allora comandante della polizia locale di Corbetta, un altro Comune in provincia di Milano. Il movente, per gli inquirenti, andava individuato nella sua mancata assunzione due anni prima, in qualità di ufficiale, da parte del Comune di Corbetta, a causa del parere negativo espresso al termine del periodo di prova proprio dalla comandante Vismara. Il processo è stato caratterizzato da diversi colpi di scena.

Ad esempio, non è stato possibile appurare chi abbia introdotto lo stupefacente nella vettura della dirigente dei vigili di Corbetta. Secondo gli agenti della Squadra mobile della questura di Milano, coordinati dal procuratore aggiunto Alessandra Dolci e dal pm Gianluca Prisco, l’autore materiale era tale Mariglen Memuschi, un cittadino albanese residente in zona. Memuschi, dopo aver aperto l’auto di Vismara e nascosto le dosi di droga sotto il tappetino, aveva poi fatto una telefonata ai carabinieri, millantando di essere il pusher della comandante. I carabinieri, ricevuta la segnalazione, avevano quindi provveduto a organizzare un posto di blocco durante il quale avevano rinvenuto lo stupefacente e denunciato la vigile. Sottoposta alla prova del capello, la comandante era però risultata negativa, e aveva a propria volta sporto denuncia contro i carabinieri per falso ideologico.

In primo grado Memuschi era stato condannato a tre anni di reclusione per detenzione e cessione di droga e calunnia.

La sentenza veniva però ribaltata dalla quinta sezione penale della Corte d’appello di Milano che, anche a seguito di una perizia fonica, aveva assolto l’albanese con formula piena per non aver commesso il fatto.

Alla luce di tutto questo, Furci è stato quindi condannato in via definitiva in quanto avrebbe mandato il proprio complice a mettere la droga nell’auto della comandante di Corbetta.

Complice, o presunto tale, che, a sua volta però, come detto, è stato assolto. Di sicuro, la stessa inchiesta è stata caratterizzata da diverse testimonianze discordanti, anche degli stessi inquirenti.

«Più che cercare la verità, si sarebbe cercato un colpevole», hanno dichiarato i legali di Furci, ricordano che il loro assistito aveva un contenzioso riguardo al licenziamento da parte del Comune di Corbetta, al termine del quale il giudice del lavoro gli aveva dato ragione, sia in primo che in secondo grado.

Originario di Gioia Tauro, cinquant’anni compiuti da poco, Furci nel corso della propria carriera ha condotto numerosi operazioni antidroga, ed è stato insignito anche dell’Ambrogino d’oro, la massima onorificenza civica del Comune di Milano.

«La vita di sacrifici costruita in decenni di lavoro al servizio della collettività è stata polverizzata da una condanna su cui rimangono troppe domande e poche risposte. Vorrei solo avere giustizia e verità, ma non dopo decenni come nel caso di Beniamino Zuncheddu», ha commentato Furci.