Con la sentenza n. 375/ 2025, la Corte d’appello di Perugia ha ribaltato un precedente rigetto e riconosciuto il diritto alla protezione umanitaria – oggi “permesso di soggiorno per casi speciali” – a un cittadino nigeriano residente in Umbria dal 2016. La decisione, che giunge dopo un iter giudiziario lungo e complesso, segna un ulteriore passo in un filone giurisprudenziale che attribuisce crescente peso al radicamento sociale e lavorativo dei richiedenti asilo in Italia.

Un caso iniziato cinque anni fa. La vicenda giudiziaria era iniziata nel 2020, quando la Commissione territoriale e poi il Tribunale avevano respinto la domanda di protezione internazionale. Nel 2023, anche la Corte d’Appello aveva confermato il diniego. Ma la Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 24264/ 2024, ha annullato la sentenza, definendo “meramente apparente” la motivazione sul rigetto della protezione umanitaria e ordinando un nuovo esame alla Corte umbra.

La storia. Il richiedente, originario di Agbor, nello Stato del Delta, appartiene all’etnia Igbo e professa la fede cristiana pentecostale. Ha lasciato la Nigeria nel 2015, spinto da condizioni di estrema povertà, instabilità e violenze diffuse. Durante il transito in Libia, ha denunciato di essere stato sfruttato come manodopera forzata e di aver subito un sequestro. Giunto in Italia, ha intrapreso un percorso di integrazione considerato “esemplare” dai giudici: corsi di lingua italiana, partecipazione a iniziative culturali, impiego stabile nel settore edile dal 2022 e attività sportiva nella squadra “Foligno International Football Club”.

La cornice normativa. La protezione umanitaria, disciplinata fino al 2018 dall’art. 5, c. 6, del Testo unico sull’immigrazione, trova fondamento nell’art. 2 della Costituzione, che tutela la dignità umana in tutte le sue forme. Con il D. L. 113/ 2018, il legislatore ha sostituito l’istituto con una serie di permessi “tipizzati” (per protezione sociale, vittime di violenza domestica, sfruttamento lavorativo, motivi di salute, calamità, atti di valore civile). Pur in un quadro normativo più restrittivo, la giurisprudenza ha continuato a riconoscere margini interpretativi, soprattutto quando il richiedente dimostra un’integrazione stabile e significativa in Italia.

L’analisi della Corte. Nella nuova valutazione, i giudici di Perugia hanno sottolineato che la protezione umanitaria - oggi “casi speciali” - resta una misura “atipica e residuale” che può essere concessa quando emergano gravi motivi legati alla tutela dei diritti fondamentali. La Corte ha applicato il criterio dell’“analisi comparativa”: confrontare le condizioni di vita attuali del richiedente in Italia con quelle che troverebbe nel Paese d’origine. Il radicamento in Umbria è stato definito “solido e consolidato”, frutto di anni di lavoro, relazioni sociali e partecipazione attiva alla comunità. Il rimpatrio, hanno osservato i giudici, determinerebbe “uno sradicamento lesivo della vita privata e familiare”, in contrasto con l’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

Condizioni in Nigeria. A sostegno della decisione, la Corte ha richiamato fonti ufficiali aggiornate: il portale “Viaggiare Sicuri” del Ministero degli Esteri, rapporti di Amnesty International e dati dell’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo ( EASO). Questi documenti evidenziano come, nello Stato del Delta e in altre aree della Nigeria, permangano criticità legate a instabilità politica, insicurezza diffusa, disoccupazione e degrado socioeconomico. Secondo la Corte, il rientro forzato esporrebbe l’uomo a un “significativo peggioramento delle condizioni di vita”, con rischi per il suo diritto all’autodeterminazione e alla dignità personale.

Un permesso per vivere e lavorare. Con il dispositivo, la Corte ha ordinato il rilascio di un permesso di soggiorno per “casi speciali”, che consente al beneficiario di vivere e lavorare legalmente in Italia, garantendogli sicurezza giuridica e stabilità. Le spese processuali sono state compensate, in considerazione della particolarità della materia e dell’evoluzione normativa e giurisprudenziale in tema di protezione umanitaria.