Sono stati revocati gli arresti domiciliari per Giancarlo Tancredi, ex assessore all'Urbanistica della giunta del Comune di Milano, coinvolto nella maxi inchiesta sull’edilizia. Il Tribunale del riesame ha riqualificato il reato inizialmente contestato dalla Procura: non corruzione per atti contrari ai doveri d'ufficio ma corruzione per esercizio della funzione.

Il collegio, presieduto da Paola Pendino, a latere Francesca Ghezzi e Gianluca Tenchio, ha quindi disposto per Tancredi, nel frattempo tornato a fare il dirigente a Palazzo Marino, la misura interdittiva della sospensione per un anno dall'esercizio di un pubblico ufficio e il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione.

La corruzione per l'esercizio della funzione punisce il pubblico ufficiale che ottiene un vantaggio indebito da parte del privato per esercitare i compiti attinenti al suo ruolo. I giudici hanno invece annullato l'ordinanza del gip Mattia Fiorentini per il concorso nelle false dichiarazioni per l'architetto Giuseppe Marinoni, l'allora presidente della Commissione paesaggio del Comune di Milano.

A quest'ultimo, ritenuto il personaggio centrale di quello che i pm hanno definito il "sistema edilizio e urbanistico deviato", è stato imposto il divieto temporaneo di contrattare con la PA e l'interdittiva dallo svolgere la professione di architetto, attività imprenditoriale o ricoprire uffici direttivi di società e imprese. Misura identica, sempre per un anno, per l'ex manager della J+S Federico Pella.

Ora manca solo l'udienza del riesame del ceo di Coima, Manfredi Catella, che è già stata fissata per il 20 agosto. L'immobiliarista è indagato per la corruzione di Alessandro Scandurra, ex componente della citata Commissione paesaggio. Scandurra, due giorni fa, era stato completamente liberato dai giudici. Per le motivazioni bisognerà attendere 45 giorni.

La decisione nei confronti di Tancredi e Marinoni è arrivata a poca distanza dalla celebrazione dell'udienza del riesame. «Noi andremo avanti in questa indagine, comunque. Non perché siamo ossessionati da una sorta di furore nei confronti del fenomeno urbanistico, ma perché la legge ce lo impone. Noi non possiamo fare altro che andare avanti con le indagini, sono reati procedibili d’ufficio», aveva affermato Tiziana Siciliano, la procuratrice aggiunta titolare del fascicolo, parlando con i giornalisti presenti dopo essere uscita dall'aula.

E da quanto si è appreso nell'inchiesta sull'urbanistica risulta essere indagato anche Christian Malangone, direttore generale del Comune di Milano. Nei suoi confronti i pm ipotizzano il reato di induzione indebita a dare o promettere utilità, la stessa contestazione mossa a carico del sindaco Beppe Sala.

Malangone, storico collaboratore del primo cittadino e suo braccio destro fin dai tempi di Expo 2015, compare nella chat, depositata questa settimana al Tribunale del riesame dai pm, con Tancredi e Catella denominata ‘Pirellino', dal nome del progetto immobiliare relativo agli ex uffici comunali di via Melchiorre Gioia.

Nell'ordinanza di custodia cautelare il gip Fiorentini non aveva riconosciuto i "gravi indizi" a carico di Catella, Tancredi e Marinoni, per quel capo d'imputazione mentre per Sala e l'altro indagato, l’archistar Stefano Boeri, non erano state chieste misure. Secondo il gip ci sarebbero stati una serie di pressioni da parte di tutti gli indagati sulla Commissione paesaggio per autorizzare il progetto ma mancherebbe l'utilità e il vantaggio "personale" conseguito da Marinoni nel cambiare il parere. L'ex professore del Politecnico avrebbe agito per "fedeltà" e "sudditanza" nei confronti dei vertici del Comune a cui doveva la propria nomina.

La decisione, in conclusione, "ridimensiona" molto l'impianto accusatorio della Procura del capoluogo lombardo, evidenziando condotte che fin da subito potevano essere sanzionate con misure di tipo interdittivo.