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«Il mio obiettivo è poter continuare il mio lavoro, portare a termine questo fascicolo, ottenere condanne e non dovermi ritirare dal dossier». Suonano quasi come una “confessione” le parole di Bruno Arnold, il poliziotto a capo dell’inchiesta sul presunto scandalo Qatargate, durante i tesissimi interrogatori che lo hanno visto protagonista nell’inchiesta sulla fuga di notizie che ha inquinato l’indagine sulla presunta corruzione internazionale.
Arnold, a capo della divisione belga che avrebbe stretto un «patto» con i principali giornalisti investigativi del Belgio, ammette di essere interessato alle condanne, più che alla verità. E punta il dito direttamente contro la procura, affermando che il pubblico ministero federale aveva esplicitamente chiesto a Hugues Tasiaux - l’uomo che secondo l’accusa teneva i contatti, su signal, con i giornalisti di Le Soir e Knack, ora indagato per violazione di segreto - di contattare i cronisti per valutare quanto sapessero.
Le fughe di notizie sul Qatargate, a suo dire, sarebbero state «anteriori» all’arrivo del fascicolo all’Ufficio centrale per la repressione della corruzione (Ocrc), che prese in mano il caso a luglio 2022. Fughe che sarebbero iniziate almeno a giugno 2022, quando ad essere a conoscenza della vicenda erano la Sûreté de l’État, cioè i Servizi segreti, e il pubblico ministero federale.
Il primo interrogatorio di Arnold è quello del 13 marzo. L’investigatore definisce uno scandalo l’inchiesta a carico del suo ufficio e “suggerisce” una lista di persone da sentire, tra le quali i giudici istruttori Michel Claise, Aurélie Dejaiffe, Paul Gérard, Raphael Malagnini, ma anche tutti i cancellieri del tribunale di Bruxelles e tutti gli avvocati del caso. Arnold attacca gli inquirenti che lo stanno torchiando, parla di metodi «illegali», ma definisce «normali» le fughe di notizie: quando si tratta di «uomini politici, dirigenti d’industria», è naturale che «la stampa pubblichi articoli». Ma il problema, dice, non starebbe negli uffici dell’Ocrc, bensì in procura. «Da parte nostra - racconta - abbiamo adottato tutte le misure di sicurezza relative alla tutela del segreto istruttorio. Appare invece che, a livello giudiziario, il sistema di protezione dei documenti trasmessi sia meno impermeabile». Eppure l’unico elemento comune a tutte le fughe di notizie è proprio l’Ocrc. Una volta messo di fronte all’evidenza Arnold smette di rispondere, trincerandosi, ad ogni domanda, dietro la formula «nessuna spiegazione».
Il 17 giugno successivo, però, l’ispettore viene ascoltato di nuovo, questa volta dopo essere stato privato della libertà e perquisito. «Mi sono sentito violato», attacca. Ma poi ammette il suo «obiettivo» con questo fascicolo: «Ottenere condanne e non dovermi ritirare dal dossier», come invece è stato ordinato a Tasiaux per poter essere rilasciato dopo l’arresto.
Arnold spiega allora che «prima ancora che Hugues Tasiaux e io fossimo a conoscenza dell’esistenza di questo fascicolo» i giornalisti erano già informati. Il pubblico ministero «ne era a conoscenza, mi sembra, già da giugno 2022. Anche la Sûreté de l’État era coinvolta molto prima. Quindi potrebbe benissimo provenire da loro». Una volta «sollevato» questo problema, il pubblico ministero federale ha «chiesto a Hugues Tasiaux, che conosceva il o i giornalisti, di mettersi in contatto con loro per sapere cosa sapessero. Non ricordo esattamente quando, ma a un certo punto - aggiunge - Tasiaux informa il pubblico ministero federale su ciò che i giornalisti sapevano».
Gli inquirenti non credono alla versione di Arnold e lo dicono chiaramente: quasi tutti gli articoli pubblicati da questi giornalisti contengono elementi del fascicolo che potevano essere ottenuti solo da qualcuno molto vicino all’indagine, poiché la maggior parte dei documenti non era ancora stata versata nel fascicolo prima delle pubblicazioni. E l’unico elemento comune è, appunto, l’Ocrc. Ma Arnold non ci sta e prova a far cadere la colpa sulla procura: «Bisogna sapere che con Michel Claise - il giudice istruttore volto dell’inchiesta, ndr -, quando gli portavamo un verbale tramite messo, poteva restare sulla sua scrivania per una settimana». Quindi «diverse persone ne avevano già preso conoscenza nel suo studio» prima che fosse depositato. E per quanto riguarda le fughe di notizie, «sono stati redatti diversi verbali iniziali, ma a un certo punto abbiamo lasciato perdere perché c’erano troppe fughe e abbiamo preferito concentrarci sul nostro fascicolo». E nulla è stato fatto.
Ma ci sono degli elementi che meriterebbero chiarimenti, che Arnold si rifiuta di dare, rimandando sempre al pubblico ministero federale. Tra questi, alcuni messaggi che dimostrano una certa familiarità con i giornalisti e contatti quasi quotidiani, perfino in redazione. Uno di questi messaggi è quello inviato il 28 novembre del 2022 da Tasiaux su Signal: «È possibile un incontro “Medusa” venerdì» con due giornalisti? «Il nostro piano di battaglia è cambiato». Il giorno dopo un altro messaggio spostare l’appuntamento e, pochi secondi dopo, un altro: «Allora alle 10.00 a “Le Soir”». Ma soprattutto, Arnold riceve da Tasiaux le bozze dei pezzi sul blitz che avrebbe avuto luogo il giorno dopo, inviate all’ispettore nel gruppo KnackSoirQatar l’ 8 dicembre 2022.
Sull’argomento è intervenuto il leader di Italia viva Matteo Renzi. «Le vicende di questi giorni e il Qatargate - ha dichiarato all’Ansa a margine di una conferenza sui diritti umani in Iran al Parlamento europeo - dimostrano che non c’è un sistema giudiziario peggiore di quello belga: la politica dovrebbe avere un sussulto di dignità e contestare il modo con il quale i giudici del Belgio stanno portando avanti sia il Qatargate che le altre vicende analoghe».






