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Chiara Poggi
Nel caso dell’omicidio di Chiara Poggi, la nuova analisi delle tracce genetiche rinvenute sotto le unghie della vittima torna al centro del dibattito giudiziario. La perita nominata dal Tribunale, Denise Albani, ha anticipato con una mail alle parti l’esito dei calcoli biostatistici effettuati con un software innovativo, basato sul confronto tra il Dna di Andrea Sempio – oggi indagato per concorso nell’omicidio – e gli oltre 39 mila aplotipi europei e 349 mila mondiali presenti nei database internazionali.
La relazione completa sarà depositata entro il 5 dicembre, ma Albani ha già ribadito quanto emerso nell’udienza davanti al giudice per le indagini preliminari: la traccia trovata sulle unghie di Chiara è un “aplotipo parziale misto non consolidato”, una porzione di cromosoma Y che consente, al massimo, di individuare un contesto familiare ma non una persona determinata. «Non potrò mai dire che quel profilo è di Tizio – aveva spiegato in aula – perché è concettualmente sbagliato trattandosi di un aplotipo».
L’Y maschile individuato è stato confrontato anche con il Dna del padre della vittima, con quello di amici del fratello e dei due medici che hanno eseguito l’autopsia. L’analisi non mostra discordanze rispetto ai risultati dei genetisti della difesa di Alberto Stasi, condannato definitivamente a 16 anni per l’omicidio e al centro della precedente riapertura dell’indagine. Secondo i consulenti incaricati dalla Procura, i frammenti di due unghie presentano un profilo “perfettamente sovrapponibile” a quello attribuito a Sempio; un secondo Dna maschile ignoto risulta invece minoritario.
Il punto cruciale riguarda il significato probatorio della traccia. Per la difesa di Sempio si tratta di un Dna da contatto, un passaggio occasionale su oggetti o superfici della casa dei Poggi, che l’uomo frequentava per ragioni di amicizia. La traccia, sostengono i legali, non è databile e non può essere collocata nel giorno dell’omicidio.
A complicare ulteriormente il quadro è l’intervento dell’ex legale di Sempio, Massimo Lovati, che definisce «falsa» l’indiscrezione circolata sui contenuti della perizia. «Sarebbe una cosa inaudita – ha dichiarato – un’anticipazione illegittima che renderebbe impugnabile la perizia e potrebbe condurre alla ricusazione del perito e del giudice». Lovati denuncia un “atto di terrorismo psicologico” nei confronti dell’indagato, ricordando come in passato fughe di notizie sul cosiddetto “Ignoto 3” avessero già alimentato tensioni e confusione.


