«Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo», scriveva Montale, e miglior descrizione del campo largo è difficile da trovare. Il testardamente unitari di Schlein non è altro che la banalissima constatazione che andare alle urne divisi significa dare vantaggio agli avversari, cioè la coalizione governativa di centro destra.

Tutte le difficoltà del campo largo partono da qui: d’accordo, abbiamo già deciso che andremo insieme, ma per fare cosa? Sappiamo cosa non vogliamo (le destre), ma sappiamo cosa vogliamo? Il Pd, dopo le deludenti elezioni del 2022, non ha condotto un’analisi seria sulle ragioni della sconfitta. Ha cambiato segreteria, ha eletto Elly Schlein, come se questo possa voltar pagina e supplire a una riflessione quanto mai necessaria. Perché ha vinto la destra? Perché ha vinto soprattutto nelle periferie mentre la sinistra ha vinto nelle zone centrali e benestanti? Solo per colpa delle precedenti segreterie?

Si è implicitamente addossata la crisi di un partito, di una sua radicazione e di una sua proposta alla segreteria precedente (se non a quella ancora precedente di Renzi, eletto capro espiatorio per ogni disavventura della sinistra) e si è sperato, con cambio di direzione, di ripresentarsi con nuova e immacolata veste. La quale veste era il testardamente unitari. Avendo però già scritto la fine della storia (le opposizioni insieme alle elezioni) è ovvio che si sia cercato in tutti i modi di non esacerbare i contrasti con i futuri e auspicati compagni di viaggio, a partire dai 5 Stelle.

Le inconciliabili differenze su temi cruciali, quali Ucraina e Europa, sono state silenziate, visto che il compromesso era impossibile, e quindi l’unica strategia praticabile era parlarne il meno possibile, e premere la sordina. Simili turbamenti agitano il M5S. In molti, come Appendino o Raggi, probabilmente provano nostalgia dell’epoca di un Movimento né di destra né di sinistra e fuori dagli schieramenti, e si chiedono se il finale prefissato della coalizione comune non lo porti ad un ruolo di junior partner.

Certo, si è provato, con Taverna che firma il programma con Giani, a cercare di rinverdire i fasti di una contrattazione col centrosinistra, ma i risultati non si sono visti, date le basse percentuali raccolte. Tant’è che il problema di Conte è di acquisire un’egemonia all’interno del campo largo, imponendo temi propri e peculiari. Ma ciò, ovviamente, espone la segreteria Pd a critiche interne, da parte di chi teme l’appiattimento sulle posizioni dei 5 Stelle e preme perché il partito abbia una sua visione distinta e marcata.

In breve: i malumori all’interno dei due maggiori partiti del campo largo hanno la medesima origine, vale a dire aver stabilito a priori che, costi quel che costi, alla fine si va uniti alle elezioni, per battere le destre. Per fare cosa? Si vedrà, intanto silenziamo le differenti vedute.

Il tutto è poi complicato dall’assenza di leadership nella coalizione. Perché non è che nel centro destra di governo siano assenti le differenze: anzi. Sull’Europa, su Putin, le divergenze tra Tajani e Salvini sono enormi. E il dibattito sulla Finanziaria, per esempio su contributo delle banche e affitti brevi, coinvolge tutti i partiti di Governo, l’un contro l’altro. Ma la leadership Meloni è indiscussa e si sa che vi è una parola di ultima istanza, che è la sua. Nel campo largo, però, quell’ultima istanza non esiste, vista la competizione sulla leadership: Conte, Schlein o chi? E quindi ecco che le differenze non trovano facile composizione, se non la sordina.

In definitiva. Si è considerata grande strategia politica il testardamente unitari, con ciò scambiando il fine per il mezzo. Andiamo insieme? Bene, ma per far cosa? Per battere le destre, si risponde. Ma è una negazione: essere Non A non significa essere qualcosa, non significa essere B, «Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo». Purtroppo per il centrosinistra non siamo nel mondo della poesia, ma della politica, e forse agli elettori potrebbe far piacere sapere non solo cosa non è il campo largo (le destre, e l’abbiamo capito) ma anche ciò che vuole.