Una sorta di tregua armata. Era questa l’aria che si respirava ieri sera nell’assemblea dei parlamentari M5S convocata dopo le dimissioni della vicepresidente Chiara Appendino, in polemica con la linea del leader Giuseppe Conte che sostiene l’alleanza con il Pd nel cosiddetto “campo largo”. Un’assemblea ancora in corso quando questo giornale va in stampa ma nella quale, se la solidarietà da parte di alcuni colleghi ad Appendino si è limitata a generiche “condivisioni” rispetto al mantenimento di un carattere il più possibile indipendente nello schieramento, pur non rinnegando l’abbraccio con i dem, la grande maggioranza dei parlamentari ha invece giurato fedeltà all’ex presidente del Consiglio, che nel weekend verrà rieletto presidente M5S dall’assemblea degli iscritti.

«In considerazione della presenza di una sola candidatura gli iscritti saranno chiamati ad esprimere il proprio voto favorevole o contrario all’elezione di Giuseppe Conte quale Presidente del MoVimento 5 Stelle», si legge nella comunicazione sul sito pentastellato.

Si vota da giovedì a domenica e nella comunicazione inoltre si legge che «è stata data la possibilità a ciascun iscritto in possesso dei requisiti previsti dallo Statuto e di quelli ulteriori indicati in apposito regolamento approvato dal Comitato di Garanzia di presentare la propria autocandidatura» . Delle 76 proposte 21 sono state ammesse alla fase di raccolta delle sottoscrizioni, tra cui gli ormai celebri “Maria di Nazareth” e “Jack Cardigan”. «Solamente un aspirante candidato ha raggiunto il numero di sottoscrizioni necessarie per passare alla fase finale della votazione: Giuseppe Conte», aggiunge il Movimento. Per questo la “tregua” firmata ieri serve anche a non oscurare il processo di rielezione di Conte, il quale ieri ha presenziato al lancio del progetto Civico Italia dell’assesore di Roma Alessandro Onorato per poi invitare i suoi a serrare i ranghi in vista della sfida più importante per i pentastellati incuteste Regionali d’autunno: la Campania.

Lì il campo largo candida niente meno che l’ex presidente della Camera Roberto Fico, già acerrimo rivale del presidente uscente Vincenzo De Luca il quale a sua volta è in polemica con il proprio partito, il Pd, che sostiene Fico. Una confusione generale che, si mormora negli ambienti della coalizione, potrebbe anche scaturire in qualcosa che nessuno al momento vuole neppure nominare, cioè la sconfitta di Fico contro il candidato del centrodestra, il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli, di Fd’I. Il quale ha già cominciato a battere alacremente il territorio in cerca di voti, così come sta facendo Forza Italia partito al quale stanno aderendo diversi fedelissimi di De Luca, in uscita dal centrosinistra.

Per questo nel M5S stanno cercando in tutti i modi di far calmare le acque, e c’è anche chi non ha mancato di far notare ad Appendino che quello scelto per accendere la polemica non era esattamente il momento giusto. Eppure lei va dritta per la sua strada, con quel che ne consegue. «Il futuro di Chiara Appendino, se lei lo vorrà ovviamente, resterà sempre nel Movimento Cinque Stelle di cui lei è una figura cardine - ha detto ieri il capogruppo pentastellato al Senato Stefano Patuanelli - Credo che non ci sia nessun caso Appendino: ha solo espresso delle considerazioni, in parte condivisibili, secondo me, rispetto ad alcuni argomenti e temi, e credo che l’abbia fatto in un contesto interno dove si fanno discussioni.

A buttare acqua sul fuoco è anche l’altro vicepresidente M5S, il senatore Mario Turco. «Le discussioni interne al MoVimento non devono distoglierci da ciò che davvero conta: continuare a costruire una visione di Paese alternativa a quella che ci propone il governo Meloni, fondata su giustizia sociale, legalità, sostenibilità, difesa dei diritti e della Costituzione - ha spiegato - Il Movimento 5 Stelle, grazie alla guida di Giuseppe Conte, è oggi più maturo, radicato e coerente con le sue battaglie originarie».

Nella polemica non manca chi consiglia a Conte di lasciar perdere, fondare un nuovo partito e cedere a Grillo il simbolo del partito, diatriba che va avanti da tempo. «Nel M5S sta succedendo qualcosa di carino, condivido le critiche di Appendino che però arrivano in ritardo - ha infatti commentato l’ex ministro Danilo Toninelli - Penso che Conte dovrebbe lasciare il M5S per farsi il suo partito progressista, si faccia un esame di coscienza e lasci il simbolo a Beppe Grillo: il Movimento ormai è involuzione, sono arrivati al punto di ascoltare estasiati politici che stanno in Parlamento da 40 anni solo perché hanno un buon eloquio».

Ma per la resa dei conti vera e propria ci sarà tempo, prima c’è da “rieleggere” Conte padre padrone del ( fu) Movimento di Grillo.