Nessun passo indietro per Chiara Appendino. L’ex sindaca di Torino ha rassegnato ufficialmente le dimissioni da vicepresidente del Movimento 5 Stelle durante il Consiglio nazionale, riunito oggi in modalità streaming. La decisione, nell’aria da giorni e anticipata durante la congiunta dei gruppi parlamentari di martedì, assume un chiaro valore politico: più che una scelta formale, è un messaggio indirizzato alla guida di Giuseppe Conte e alla direzione che il Movimento sta prendendo.

Appendino, figura di rilievo dell’ala più identitaria del M5S, aveva già espresso pubblicamente la necessità di un “cambio di postura” rispetto al rapporto con il Partito Democratico, soprattutto dopo i deludenti risultati elettorali in Toscana. Per l’ex sindaca, il Movimento rischia di perdere riconoscibilità e peso politico se continua a muoversi in una logica di alleanza subalterna al centrosinistra.

La sua uscita dalla vicepresidenza – un incarico di fatto in scadenza insieme al mandato di Conte, ma ancora simbolicamente rilevante – sembra dunque più un atto di dissenso che di routine. È il segnale di una tensione interna che attraversa il M5S da mesi: quella tra chi, come Conte, punta a consolidare il campo progressista in un’ottica di collaborazione con il Pd, e chi, come Appendino, spinge per un ritorno a una linea più autonoma, capace di distinguersi su temi sociali, ambientali e di giustizia economica.

Sul piano politico, le dimissioni di Appendino rischiano di riaprire la discussione interna sulla leadership di Conte e sulla direzione strategica del Movimento. La deputata piemontese è tra le figure più popolari e riconosciute del M5S, anche al di fuori del Parlamento, e la sua scelta potrebbe incoraggiare altri esponenti critici a chiedere un confronto più ampio sul futuro del progetto politico.

Per ora, dal quartier generale del Movimento prevale il silenzio. Ma il gesto di Appendino, pur arrivando in una fase di transizione per la struttura interna, suona come un avvertimento: senza una ridefinizione dell’identità del M5S, il rischio è che la crisi di consenso e di direzione politica si approfondisca ulteriormente.