PHOTO
LUCA ZAIA PRESIDENTE REGIONE VENETO
«Dopo “Zaia scrivi Zaia”». Con questa battuta, pronunciata dal palco del Teatro Geox di Padova, Luca Zaia ha ufficializzato la sua candidatura da capolista in tutte le province venete per le prossime regionali. Una mossa dal forte valore politico, che segna l’ennesimo atto della tensione interna alla Lega, alla vigilia di un Consiglio federale che si preannuncia ad alta temperatura. «Parlandone con Alberto ho deciso che mi candido capolista in tutte le Province», ha annunciato il governatore, riferendosi ad Alberto Stefani, candidato del centrodestra alla presidenza della Regione. Poi l’affondo diretto ai vertici del partito: «Prima ti dicono che non puoi farti rieleggere, poi che non puoi fare la tua lista civica, adesso che non puoi mettere il nome. Non pensavo di essere un problema. In democrazia non si mettono veti su chi è stato scelto dai cittadini».
Salvini lo elogia: «Quindici anni del miglior governo regionale in Europa»
Dal palco padovano è arrivata anche la benedizione pubblica di Matteo Salvini, deciso a smorzare il fronte interno: «Zaia ha vinto la prima elezione nel 2010. Sono quindici anni del miglior governo regionale non solo in Italia, ma in Europa. Non sarà semplice succedergli, ma chi semina bene raccoglie buoni frutti». Una lode che suona come un segnale di tregua apparente. Ma nel partito, dopo il tracollo in Toscana (4,38%), la base rumoreggia. A schierarsi apertamente con il governatore veneto è stato anche Attilio Fontana, presidente della Lombardia: «Zaia è fondamentale non solo per il Veneto, ma per tutta la Lega. È un uomo politico di grande spessore. Il partito ha bisogno di persone come lui». Un messaggio che si accompagna a un richiamo forte all’identità originaria del Carroccio: «Bisogna riprendere in mano i nostri valori», ha ammonito Fontana, commentando il risultato toscano.
Dello stesso avviso Riccardo Molinari, capogruppo alla Camera: «La Lega è forte quando parla di autonomia, federalismo e territorio. In Toscana è mancato il radicamento locale e questo si è visto». Quel 4,38% raccolto in Toscana, con Roberto Vannacci come responsabile della campagna elettorale, è la scintilla che ha riacceso lo scontro interno. Il dato è di due punti inferiore alle Europee del 2024, e per molti rappresenta il segno di una crisi di identità. Il Consiglio federale convocato a Milano, in via Bellerio, affronterà un’agenda densa: analisi del voto toscano, preparazione delle regionali in Veneto, Puglia e Campania (23-24 novembre), discussione sulla manovra economica e sul nuovo decreto immigrazione promosso dal Carroccio.
Nel frattempo, il senatore lombardo Massimo Garavaglia non usa giri di parole: «Quel risultato ci fa pena. Ora abbiamo il Veneto e non possiamo restare dentro un 4% che ci sta strettissimo».