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IMAGOECONOMICA
Doveva servire a sostenere la leadership di Elly Schlein alla guida del Pd la tre giorni di Montepulciano in cui si sono riunite le correnti in sostegno della segretaria dem. È finita con la sua blindatura non solo ai vertici del partito ma dell’intera coalizione, con l’investitura a candidata presidente del Consiglio per il campo largo alle Politiche del 2027. E pazienza se né la minoranza riformista né il leader M5S Giuseppe Conte sono d’accordo. Da Dario Franceschini ad Andrea Orlando, passando per Roberto Speranza, chi ha sostenuto Schlein già a Congresso e primarie contro l’allora favorito Stefano Bonaccini hanno rinnovato la loro “promessa di fede”, garantendole lealtà almeno nel prossimo anno e mezzo. Che sarà decisivo per costruire un’alternativa (questo il titolo della tre giorni toscana dello scorso weekend) credibile alla maggioranza di centrodestra e al governo di Giorgia Meloni. Alternativa che latita, per inciso, secondo molti big del partito, a partire da Romano Prodi.
«Abbiamo deciso di promuovere un’iniziativa insieme, utile ad aprire una discussione nel Pd: non è una corrente, è un luogo di confronto per mettere in fila un’agenda in vista della sfida che abbiamo davanti», ha detto ieri Orlando. E sulla scelta della premiership, quanto alle modalità «decideremo con gli alleati» ma, sottolinea l’ex ministro della Giustizia, «quello che ieri (domenica, ndr) è stato chiaro è che il Pd ritiene di poter guidare la coalizione e farlo con Elly Schlein».
Coinvolgendo tuttavia in primis tutto il partito, la cui minoranza nelle stesse ore si riuniva a Prato, per poi cercare di allargare il più possibile al centro, almeno nelle intenzioni della segretaria. «Abbiamo su alcuni punti visioni diverse - ha aggiunto poi Orlando rispondendo ad una domanda sull’incontro dei riformisti - ma non credo sarà difficile trovare una sintesi: l’importante è che la si trovi discutendo e facendolo alla luce del sole, di fronte a tutti come abbiamo fatto a Montepulciano e non vedendosi in stanze chiuse».
Contro l’idea di un Congresso anticipato è lo stesso Bonaccini, perché «rischieremmo di chiuderci per quattro di mesi a discutere di noi mentre l’Italia vuole che proviamo a darle un’opportunità per discutere dei problemi degli italiani». Fattibili invece le primarie di coalizione, a patto che i dem scelgano prima chi candidare. «Ci manca solo che il Pd, se si fanno le primarie, ci vada con più candidati», ha chiosato.
E se Schlein insiste sulla linea “testardamente unitaria” perché «il Pd è il perno fondamentale della coalizione e questo ruolo se lo è conquistato sul campo», per la vicepresidente del Parlamento europeo e big della minoranza interna Pina Picierno «parlare del Paese, di come riformarlo è l’unico modo per costruire una alternativa credibile e forte al governo Meloni» Questo, ha aggiunto, «il compito e la funzione che abbiamo come riformisti». Picierno non ha partecipato all’iniziativa di Prato per impegni istituzionali al Cairo ma, ha sottolineato, «il mio cuore è lì».
Al convegno riformista c’era invece il presidente del Copasir Lorenzo Guerini, che di certo non ha apprezzato le parole pronunciate da Orlando a Montepulciano contro il riarmo, e c’erano molti esponenti di quell’area, dal senatore Filippo Sensi all’europarlamentare Giorgio Gori, da Lia Quartapelle a Simona Malpezzi. E proprio Sensi non le ha mandate a dire ai colleghi di partito, rispondendo alle diverse critiche arrivate da esponenti Pd rispetto all’area riformista, da Goffredo Bettini a Bonaccini, ex leader della corrente. «Ci ha bollato come “riformisti da salotto”, invocando delle parlamentarie per far pesare i voti sulle proposte - ha tuonato Sensi - Ora, per restare alle europee, un anno fa, non è che persone come Pina o come Giorgio non abbiano preso i loro voti, di migliaia di persone che hanno scritto il loro nome e cognome sulla scheda: sta di fatto che ’sto riformismo da noia, fa paura, un fastidio che non vi dico, un prurito. In particolare dalle nostre parti».
E salutando infine coloro che vengono definiti «i compagni della mozione Montepulciano», con ironica e un pizzico di malizia. «Ci siamo anche noi, fosse mai che pensiate di bastarvi da soli - ha concluso Sensi - Noi qui si sta. Eccome, se si sta. E si resta».


