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RICCARDO MAGI POLITICO
La Corte costituzionale deciderà nei prossimi giorni sul conflitto di attribuzioni tra poteri sollevato dal segretario di + Europa Riccardo Magi. Al centro della questione il dl Sicurezza, approvato ad aprilo scorso dal Consiglio dei ministri. I giudici si sono riuniti ieri in camera di consiglio e si attende ora una decisione sull’ammissibilità della questione. Nel caso in cui si superasse questo primo vaglio - sarebbe la prima volta per un conflitto sollevato da un singolo parlamentare -, la questione verrà discussa nel merito in un’altra udienza nei prossimi mesi.
Magi ha impugnato non il merito del decreto – sul quale sono molteplici i dubbi di costituzionalità –, ma l’iter che ha portato all’approvazione dell’atto normativo. Nel mirino la scelta di trasformare il ddl, fermo da un anno al Senato dopo l’approvazione alla Camera, in un decreto legge, apportando un’unica modifica: l’aggettivo “urgenti” accanto al termine “misure” sul frontespizio. Il Parlamento fu così espropriato.
Il governo spiegò la decisione in maniera contraddittoria: Giorgia Meloni legò la scelta alla necessità di garantire «una specifica tutela legale» ad agenti di polizia e militari «che dovessero essere indagati o imputati per fatti inerenti al servizio». Diversa la spiegazione del ministro Matteo Piantedosi: l’urgenza era dare «tempi certi» a provvedimenti come «tutela legale dei poliziotti, degli anziani, delle categorie vulnerabili e degli immobili», elementi «molto importanti» per «un governo come il nostro», per il quale «si era perso troppo tempo». Insomma, una questione di velocità, di fronte ai molti emendamenti che avrebbero rallentato ulteriormente l’iter.
Nel merito, è facile immaginare come la Consulta, interpellata per via incidentale, possa bocciare uno o più articoli. I dubbi di costituzionalità, sollevati da avvocatura, magistratura e accademia, sono molti, come sintetizzato in un documento del Massimario della Cassazione che aveva suscitato le ire del governo per una presunta “invasione di campo”. Magi punta dunque a un obiettivo più ambizioso: far annullare l’intero decreto per assenza dei requisiti di straordinarietà, necessità e urgenza. La strada è «audace», ma il segretario di + Europa ne è consapevole.
A confortare Magi, alcune recenti decisioni della Corte costituzionale, che hanno aperto la possibilità per il singolo parlamentare di ricorrere, pur bocciando poi, in quei casi, l’ammissibilità delle questioni, in quanto legate a questioni interne alle Commissioni parlamentari. In questo caso, però, «è accaduto qualcosa di diverso e di inedito: l’attacco alle prerogative dei parlamentari è venuto da una dinamica e da un potere effettivamente esterno al Parlamento, cioè dall’esecutivo».
Secondo Magi, il governo «ha voluto superare dei problemi su proposte emendative già presentate nella lettura al Senato. Si sarebbe trattato di una navetta con ritorno alla Camera, che avrebbe dovuto riesaminare il testo con le modifiche apportate dal Senato. Altre modifiche, invece, non avevano la maggioranza necessaria. Si trattava, dunque, di un caso plateale di mancanza dei requisiti di straordinaria necessità e urgenza».
La giurisprudenza costituzionale è chiara: tali motivi «devono persistere ed essere motivati, e non può essere addotta come giustificazione l’impasse politica della maggioranza che sostiene il governo». In che cosa consiste, dunque, la lesione delle prerogative delle Camere e dei parlamentari? «L’esecutivo ha menomato gravemente le attribuzioni delle Camere e dei singoli deputati e senatori, violando gli articoli 67 e 72 della Costituzione - ha chiarito Magi -. La portata grave di quanto accaduto sta nel fatto che già viviamo in una situazione nella quale i decreti legge si discutono di fatto in un solo ramo del Parlamento, con fiducie poste in serie. Questo decreto Sicurezza ha alzato ulteriormente l’asticella, interrompendo a metà l’iter parlamentare». Una strada stretta, quella della Consulta, «ma siamo anche convinti che, in questo caso specifico, la lesione sia evidente».
Si tratta di un provvedimento eterogeneo, quasi un «decreto- omnibus penale», che avrebbe richiesto un iter parlamentare completo. Per Roberta Calvano, ordinaria di Diritto costituzionale all’Unitelma Sapienza, è stato un salto di qualità nell’abuso della decretazione d’urgenza. «I costituzionalisti censurano e stigmatizzano l’abuso della decretazione d’urgenza ormai da decenni - ha sottolineato -. Abbiamo avuto una serie di forme diverse di abuso: dalla reiterazione, ai maxi- emendamenti, fino a prassi ora esplosive. Con questo caso siamo di fronte a una rottura che io ritengo un salto di qualità, perché la lesione delle prerogative delle Camere è ormai lampante. Ci sono misure segnalate come critiche non solo da penalisti e costituzionalisti, ma persino dai rapporteurs delle Nazioni Unite per violazione dei diritti umani». Una «vergogna per il nostro legislatore».
Per Roberto Zaccaria, ordinario di Istituzioni di diritto pubblico, «un provvedimento che contiene norme repressive del dissenso è un provvedimento limite per l’equilibrio democratico» e la via seguita da Magi potrebbe rappresentare una chiave per scardinarlo. «La Corte è sempre la stessa come organo, ma i suoi componenti cambiano. Una decisione di questo genere - ha evidenziato - può essere anche un modo per verificare la nuova composizione della Corte». Insomma, un test per la Consulta, che potrebbe cogliere l’occasione per dare un segnale al Parlamento e al governo sull’uso della decretazione d’urgenza.