L’ordinanza del Tribunale dei minori dell’Aquila, che ha sospeso la responsabilità dei genitori e collocato i tre figli in casa famiglia, ha basato la propria decisione tenendo conto di molte di quelle regole sociali che si ritengono necessarie per garantire il “migliore interesse dei minori”.

Come ci viene accuratamente descritta la vicenda nei suoi diversi passaggi su Il Dubbio, il Tribunale dei minori ha ritenuto che l’isolamento relazionale dei minori, l’assenza di una regolare attività scolastica che implica peraltro assenza di socializzazione, le precarie condizioni abitative e sanitarie idonee per la crescita educativa e fisica dei bambini sono condizioni negative e sufficienti per considerare leso il migliore interesse dei minori.

Tutto il diritto di famiglia è basato sul favor minoris e non fa eccezione l’ordinanza del Tribunale dei minori. Questa vicenda non è solo un caso giudiziario specifico, ma ha suscitato un dibattito pubblico, scatenando una forte reazione politica e mediatica, mettendo in evidenza la delicatezza del tema e la complessità di bilanciare la protezione dei bambini con le regole tradizionali che possono incontrare non poche contestazioni etiche. Si è discusso in ambito politico e sociale perché si sia intervenuti in questo caso e non in altre situazioni di abbandono, dato che sono oltre 30mila i bambini accolti in servizi residenziali. Ma forse non tutti si rendono conto, quando criticano i tribunali, quanto sia eticamente e giuridicamente complesso individuare il migliore interesse del minore, sebbene più volte menzionato da Convenzioni, Carte, accordi nazionali e internazionali, regolamenti di ogni genere e per ogni circostanza.

Quando intendiamo parlarne, gli interessi richiamati come avviene in molte circostanza sono definiti in “astratto”, e variano nei diversi contesti ambientali e culturali. È pur vero che il diritto non può che restare vago, basarsi sulla consuetudine, dato che le vite e le emozioni dei minori sono molto diverse fra loro. Ne consegue che l’interesse del fanciullo ha significati multipli ed è spesso oggetto di interpretazioni radicalmente opposte se non addirittura equivoche. È difficile definire in modo attendibile questo concetto, considerato che l’interesse del minore può essere considerato come una “clausola generale”, della cui indeterminatezza il giudice è ben consapevole. È bene tenere presente che le differenti letture possono e debbono essere date dalle tradizioni culturali, filosofiche e religiose di un determinato Paese. E, come avviene per altri principi generali, fissare con assoluta certezza il contenuto della nozione di favor minoris rischia di far perdere qualcosa della sua attinenza alla realtà sociale ed etica di quel momento storico e non consentire alla nozione l’arricchimento con nuove dimensioni non contemplate nelle concezioni tradizionali di quel momento.

Vi sono, tuttavia, oggi riferimenti sufficientemente oggettivi che il diritto ha fatto propri per assicurare al minore la possibilità di vivere in un nucleo sociale adeguato. Possiamo prendere ad esempio la famiglia dove non mancano regole: diritto alla dichiarazione di paternità o maternità, al fine di assicurare la presenza di entrambe le figure genitoriali; obbligo dei genitori di allevare ed educare la prole; affido condiviso e non monoparentale in caso di scioglimento del nucleo familiare; conservazione del luogo di abitazione del minore; nella procedura di adozione, ricerca di una nuova famiglia adatta alle esigenze psico-fisiche del minore, ecc.

È ovvio che anche sull’opportunità di queste regole si potrebbe discutere dato che in effetti non disponiamo di dati certi sul fatto che nei singoli casi il minore ne tragga vantaggio. Ma, così ragionando, solo a posteriori si potrebbe dire qualcosa in merito all’opportunità delle scelte basate su queste regole e forse neanche, perché non si potrebbe mai disporre della controprova di quanto sarebbe avvenuto in situazioni opposte. Queste difficoltà possono solo condurre in caso di conflitto all’ideologia del giudice e a una giurisprudenza casistica che manipoli e adatti norme vigenti, mai pensate alle necessità del momento.

Difficile, allora, fornire ai genitori una qualche certezza sulla legittimità dei propri comportamenti e delle proprie scelte, sebbene il compito del diritto è pur sempre quello di organizzare e di assicurare un ordine il più possibile certo. Ed è necessario domandarsi se, dovendo considerare il migliore interesse del bambino all’interno delle società in cui vive, questo sia abbastanza preparato per adattarsi ai desideri e all’immaginario degli adulti e se gli siano date le migliori condizioni per manifestare tutte le dimensioni della propria personalità.