C’è un film che in questi giorni è passato da Roma come un lampo: ospite discreto ma potentissimo del Rome International Documentary Festival. Si chiama “A Little Gray Wolf Will Come” ed è firmato da Zhanna Agalakova – volto celebre del giornalismo russo e oggi voce dissidente – insieme al marito Giorgio Savona.

Inutile aggiungere che il regime di Putin ha prontamente definito Agalakova “agente straniero”: marchio d’infamia standard per chi osa raccontare la verità. E la verità, nel suo film, è una fotografia nuda e implacabile del paese reale. Non la Russia imbellettata delle parate e dei carri armati lucidati a specchio, ma quella del vuoto, della paura, della menzogna permanente. Un piccolo gioiello, questo film, capace di fare ciò che fanno i granelli di sabbia: inceppare, anche solo per un istante, l’ingranaggio perfetto e ossessivo della propaganda putiniana.

Il film racconta con una semplicità feroce una verità che molti fingono di non vedere: Putin ha bisogno della guerra. Non come incidente della storia, ma come condizione stessa di sopravvivenza del suo potere. Senza il nemico esterno da evocare, senza il frastuono delle armi a coprire il fallimento interno, senza la mobilitazione patriottarda che anestetizza le coscienze, quel potere comincerebbe infatti a scricchiolare. Il Putin “pacificatore” è un ossimoro: esiste solo il boss che governa tenendo una nazione costantemente sull’orlo della trincea.

Quel film è uno schiaffo in pieno volto. E come tutti gli schiaffi veri risuona a lungo. Arriva proprio mentre, dall’altra parte dell’Atlantico, l’America di Trump sembra accarezzare l’idea di lasciare sola l’Ucraina – e con essa l’Europa – di fronte alla voracità neoimperialista del Cremlino. Parole ambigue, posture oscillanti, promesse vaghe: insomma, il vocabolario classico di chi prepara un disimpegno senza mai nominarlo.

E allora sì: l’Europa è sola. La culla della democrazia liberale, il luogo più libero del pianeta, è oggi esposto come non lo era da decenni. Da una parte assediata dalla Russia putiniana che avanza in mimetica, dall’altra corrosa dall’interno da chi, in nome del popolo, svuota le democrazie fino a trasformarle in gusci opachi. Ora però le zone grigie finiscono. L’Europa e gli europei sono davanti a una scelta secca: difendere la libertà, oppure cominciare ad abituarsi a perderla.