Non sono bastate le violazioni procedurali sempre più evidenti, né le contraddizioni tra le richieste della procura belga e le prove materiali prodotte dalla difesa. Non è bastata nemmeno la clamorosa apertura di un fascicolo, rivelata dal Dubbio, sul patto tra polizia e giornalisti per trasformare il Qatargate in un’inchiesta mediatica più che giudiziaria. Il Parlamento europeo ha confermato ieri che il voto sull’immunità non risponde a una valutazione giuridica, ma a una scelta politica. L’Eurocamera ha infatti revocato l’immunità all’eurodeputata dem Alessandra Moretti, salvando invece Elisabetta Gualmini. Per Moretti hanno votato a favore della revoca 497 deputati, 139 i contrari e 15 gli astenuti. Per Gualmini i voti favorevoli sono stati 382, con 254 contrari e 19 astenuti. Eppure, nei confronti di entrambe, gli elementi addotti dalla procura sono apparsi flebili e in più punti contraddetti dalle prove materiali.

Dopo la richiesta di chiarimenti avanzata dalla Commissione Juri, la procuratrice Ann Fransen ha inviato una lettera nella quale ha reiterato accuse già smentite documentalmente dalla difesa di Moretti, rappresentata dagli avvocati Franco Coppi e Roberto Borgogno. Secondo Fransen, non vi sarebbe fumus persecutionis nei confronti dell’eurodeputata, sospettata di corruzione, «per il semplice fatto che tale richiesta sia formulata da un giudice indipendente, incaricato di indagare sia a carico che a favore, dopo aver esaminato gli elementi del fascicolo procedurale e analizzato la gravità degli indizi». Insomma, bisogna fidarsi a prescindere dell’autorità giudiziaria belga. Le “prove” richiamate dalla procura consistono in dialoghi tra Pier Antonio Panzeri, indicato come il vertice dell’organizzazione, e un cittadino marocchino sospettato di essere uno dei corruttori, allo scopo di organizzare per Moretti un viaggio in Marocco. Viaggio che, come dimostrato dalla difesa, non è mai avvenuto. Così come non si è mai realizzato quello in Qatar per i Mondiali. A ciò si aggiungono i rapporti con membri del suo stesso gruppo parlamentare, gli interventi politici sul Qatar e gli orientamenti di voto: in sostanza, l’attività politica di Moretti.

Nonostante gli elementi risibili, in aula è andata in scena una resa dei conti politica, alla quale ha partecipato anche il M5S, confermando la propria natura giustizialista votando insieme alle destre, che dopo il salvataggio di Ilaria Salis avevano dichiarato guerra agli avversari politici per i voti futuri. Uno schema già visto nel caso di Eva Kaili, ex vicepresidente del Parlamento europeo, che non ebbe neppure la possibilità di difendersi prima della revoca dell’immunità.

All’epoca l’Eurocamera scelse di consegnare una propria componente alla cieca, nonostante le autorità belghe fossero arrivate perfino a minacciare l’affidamento della figlia ai servizi sociali in assenza di una confessione sua o del marito Francesco Giorgi, ex assistente parlamentare di Panzeri. Questa volta, però, il gruppo dei socialisti ha cambiato rotta, votando a favore delle due dem e manifestando la propria solidarietà a Moretti.

A partire da Nicola Zingaretti, capo delegazione dem all’Eurocamera. «Sono certo - ha evidenziato - che Moretti dimostrerà la sua correttezza e trasparenza rispetto ai fatti contestati. Continuo a pensare che già ora, dopo i chiarimenti prodotti, c’erano tutte le condizioni per tutelare di più le prerogative dei parlamentari ma ora nella fase che si apre ci sarà l'opportunità per verificare la sua estraneità».

Un concetto ribadito da Moretti, che si è detta «amareggiata». «Continuo a sostenere - ha aggiunto - che il voto non abbia guardato tanto agli effettivi contenuti della richiesta, ma sia stato condizionato da strategie e convenienze politico- elettorali. Non sono preoccupata dell’impatto che questo voto avrà su di me, e aggiungo che a questo punto spero di essere ascoltata in procura il prima possibile per potermi difendere dalle accuse, ma piuttosto della ricaduta di questo voto sulla dignità e sull’indipen denza del Parlamento. Continuerò a fare il mio lavoro a testa alta».

Per l’avvocato Borgogno, «l’onorevole Moretti aveva ampiamente dimostrato l'inconsistenza degli elementi di accusa a proprio carico e quindi confidavamo in una soluzione diversa - ha commentato al Dubbio -. Evidentemente sono intervenute altre dinamiche di natura politica. È preoccupante che in una vicenda in cui era in gioco la tutela del parlamentare nel momento in cui svolge le sue funzioni tipiche il Parlamento europeo abbia concesso una revoca probabilmente contraria al senso proprio di questa immunità».

L’inchiesta resta intanto sospesa, in attesa di una decisione della Chambre des mises en accusations sulla regolarità delle indagini, attesa per febbraio. Sul punto è intervenuto anche il professor avvocato Vittorio Manes, difensore di Gualmini: «Prendiamo atto della decisione a favore dell’ono revole Gualmini - ha detto al Dub bio. Restano tuttavia forti perplessità su un procedimento penale che mai avrebbe dovuto nascere, su basi così inconsistenti ed evanescenti, e che come tale avrebbe potuto interessare - e potrebbe in futuro interessare - qualsiasi parlamentare europeo, trascinandolo in una assurda vicenda giudiziaria per il puro esercizio della propria attività politica, nonostante tale attività sia sempre stata svolta nella piena trasparenza e regolarità. E questo, crediamo, è un dato francamente inquietante in questa vicenda, essendo peraltro riferibile a molti dei soggetti ingiustamente coinvolti e sottoposti ad una intollerabile e massiva gogna mediatica per accuse tanto infamanti quanto ingiustificate».