L’applauso arriva da Mosca ed è tutt’altro che neutrale. Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri russo, sceglie di rilanciare e benedire pubblicamente le parole di Matteo Salvini sulla guerra in Ucraina e sulla presunta invincibilità della Russia, accompagnandole con un giudizio tranchant: «Il paragone è esatto, la conclusione è indiscutibile».

Il riferimento è alle dichiarazioni del leader leghista che, evocando Napoleone e Hitler, ha sostenuto che se nemmeno loro riuscirono a piegare Mosca, difficilmente potranno farlo oggi Kallas, Macron, Starmer e Merz. Un passaggio che, rilanciato sui canali ufficiali russi e dall’agenzia Tass, assume il peso di un intervento diretto nel dibattito politico italiano.

Non è un episodio isolato. Anzi, si inserisce in una strategia comunicativa che da settimane vede il Cremlino intervenire esplicitamente sul fronte interno italiano.

Solo pochi giorni fa, sempre Mosca aveva attaccato con toni ironici e beffardi i giornalisti del gruppo Gedi, accusati di mantenere una linea antirussa e ammoniti sulla necessità di “correggere” l’impostazione con la nuova proprietà. Un messaggio che va oltre la polemica mediatica e segnala come l’Italia venga considerata un terreno politicamente contendibile, su cui testare falle e contraddizioni.

Le parole di Salvini arrivano dunque in un contesto già segnato da un confronto aspro. Il vicepremier rivendica una postura «filoitaliana», insiste sulla prudenza, contesta l’efficacia delle sanzioni e mette in discussione l’ipotesi di un ulteriore riarmo europeo. Una linea che trova immediata sponda a Mosca e che viene utilizzata come grimaldello per rafforzare la narrativa russa sul fallimento dell’Occidente e sull’inutilità del sostegno militare a Kiev, soprattutto mentre il conflitto entra nel suo quarto anno senza prospettive immediate di soluzione.

Nel mirino del Cremlino, però, c’è soprattutto il Quirinale. Sergio Mattarella resta da tempo il bersaglio principale degli attacchi russi proprio per la sua fermezza nel difendere il diritto internazionale e l’inviolabilità dei confini.

Ancora lunedì, parlando alla Farnesina, il presidente della Repubblica ha condannato senza ambiguità la pretesa della Russia di ridisegnare con la forza i confini degli Stati, ma soprattutto ha lanciato un avvertimento su «inediti e opachi centri di potere», un riferimento che in ambienti istituzionali viene letto come un richiamo all’esistenza di una rete filoputiniana attiva anche in Italia.

Una rete che, sul piano politico, sembra trovare nella Lega il punto di approdo più esplicito e, in forma più sfumata, anche in una parte del Movimento 5 Stelle sul versante dell’opposizione.

Le reazioni non si fanno attendere: dalle accuse di isolamento internazionale mosse da Riccardo Magi alle ironie taglienti di Gianfranco Fini, fino alle prese di distanza istituzionali del presidente della Camera e compagno di partito di Salvini Lorenzo Fontana, che parla di una Russia ben lontana dall’immagine di grande potenza e lontana dall’obiettivo di una vittoria rapida.

Il tutto mentre a Bruxelles si avvicinano decisioni cruciali, a partire dal dossier sul sequestro degli asset russi e sulla loro eventuale destinazione a sostegno di Kiev. Un passaggio politicamente sensibile rispetto al quale la linea di Palazzo Chigi appare ancora incerta e attraversata da tensioni interne alla maggioranza. Ed è proprio in questa zona grigia che Mosca continua a inserirsi, alimentando ambiguità e divisioni, nel tentativo di spostare l’Italia fuori dall’asse europeo. Una partita che non riguarda solo la politica estera, ma la credibilità internazionale e l’equilibrio istituzionale del Paese.