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La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni a Berlino
In una Berlino blindatissima, i leader europei hanno rilanciato il loro impegno sul dossier ucraino, entrando in una fase che intreccia negoziato, deterrenza militare e pressione diplomatica su Mosca. Ospiti del cancelliere Friedrich Merz nella sede della Cancelleria federale, i capi di governo e di Stato si sono riuniti per fare il punto su una guerra ormai nel suo quarto anno, con l’obiettivo dichiarato di «confermare la coesione tra europei, ucraini e americani» e consolidare il processo negoziale avviato con la mediazione di Washington.
All’arrivo al Bundeskanzleramt, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni si è limitata a poche parole: «Mi aspetto passi avanti». Prima di lei erano giunti a Berlino anche gli inviati statunitensi Steve Witkoff e Jared Kushner, quest’ultimo protagonista di un breve colloquio con Meloni dopo la foto di rito. Proprio Kushner ha parlato di «molti progressi» nei colloqui con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, alimentando un cauto ottimismo.


Il cuore politico del vertice è confluito in una dichiarazione congiunta firmata, oltre che da Meloni, anche da Emmanuel Macron, Donald Tusk e dai vertici Ue Ursula von der Leyen e Antonio Costa. Nel documento i leader «hanno accolto con favore i significativi progressi compiuti nell’ambito degli sforzi del presidente Trump per garantire una pace giusta e duratura in Ucraina» e hanno concordato di lavorare insieme con Washington e Kiev «per giungere a una pace duratura che preservi la sovranità dell’Ucraina e la sicurezza europea».
Un passaggio centrale riguarda la sicurezza euro-atlantica. I firmatari sottolineano che «garantire la sicurezza, la sovranità e la prosperità dell’Ucraina è parte integrante della più ampia sicurezza euro-atlantica» e ribadiscono che il popolo ucraino «merita un futuro prospero, indipendente e sovrano, libero dal timore di future aggressioni russe». In questo quadro, Stati Uniti ed Europa si impegnano a fornire garanzie di sicurezza solide e misure di sostegno alla ripresa economica nel contesto di un accordo di pace.


Sul piano militare, l’impegno è esplicito. I leader concordano nel rafforzare le forze armate ucraine, che «dovrebbero rimanere a un livello di pace di 800.000 unità, in modo da poter dissuadere i conflitti e difendere il territorio ucraino». Ma la novità più rilevante è l’annuncio della creazione di una forza multinazionale per l’Ucraina: «costituire una “forza multinazionale per l’Ucraina” a guida europea, composta da contributi di Paesi disponibili nell’ambito della Coalizione dei Volenterosi e sostenuta dagli Stati Uniti». Questa presenza dovrebbe assistere «nella rigenerazione delle forze ucraine, nella protezione dei cieli dell’Ucraina e nel sostegno alla sicurezza marittima, anche operando all’interno dell’Ucraina».
Ampio spazio è dedicato anche al cessate il fuoco. La dichiarazione prevede di «istituire un meccanismo di monitoraggio e verifica del cessate il fuoco guidato dagli Stati Uniti, con partecipazione internazionale», capace di fornire un allarme tempestivo in caso di nuove aggressioni e di attribuire eventuali violazioni. È inoltre previsto un impegno giuridicamente vincolante, subordinato alle procedure nazionali, ad adottare misure – «che possono includere anche l’uso della forza» – in caso di un futuro attacco armato.


Il capitolo economico guarda al dopo-guerra. I leader si impegnano a «investire nella futura prosperità dell’Ucraina», ricordando che «i beni sovrani russi nell’Unione europea sono stati immobilizzati». Si tratta di circa 210 miliardi di euro riconducibili alla Banca centrale russa. L’Italia, insieme a Belgio, Malta e Bulgaria, ha espresso un assenso condizionato all’utilizzo di questi asset, accettando il congelamento ma mostrando cautela sull’impiego diretto come garanzia finanziaria, in attesa di una valutazione approfondita dei rischi giuridici e finanziari.
Nel testo finale viene confermato anche il sostegno politico al percorso europeo di Kiev e ribadito che «nulla è concordato finché tutto non è concordato». Qualsiasi intesa dovrà tutelare «la sicurezza e l’unità a lungo termine dell’area euro-atlantica e il ruolo della Nato nel fornire una solida deterrenza». Da qui l’appello diretto a Mosca: «È ora compito della Russia dimostrare la propria volontà di lavorare verso una pace duratura accettando il piano di pace del presidente Trump».
Il futuro
Restano però nodi irrisolti, a partire dalle concessioni territoriali. Lo stesso Zelensky ha ammesso che «ci sono questioni complesse, in particolare quelle che riguardano i territori. Francamente, penso abbiamo ancora posizioni differenti». Dagli Stati Uniti, infine, il commento di Donald Trump: «Siamo più vicini ora, siamo più vicini che mai» alla fine della guerra. Secondo gli europei, la prossima mossa spetta ora al Cremlino.




