Il Tribunale dei ministri ha concluso l’inchiesta sulla mancata consegna alla Corte penale internazionale del generale libico Najeem Osama Almasri, arrestato in Italia e poi rimpatriato su un volo di Stato. Le decisioni – archiviazione o richiesta di rinvio a giudizio – dovrebbero arrivare nei prossimi giorni e riguardano quattro membri del governo: la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il ministro della Giustizia Carlo Nordio, il titolare dell’Interno Matteo Piantedosi e il sottosegretario Alfredo Mantovano. Le ipotesi di reato vanno dal favoreggiamento al peculato, fino all’omissione d’atti d’ufficio (contestata al solo Nordio).

Secondo quanto rivelato da Corriere della Sera e la Repubblica, dalle carte emergerebbe che la struttura del ministero della Giustizia era perfettamente informata già dalla domenica 19 gennaio dell’arresto di Almasri da parte della Digos di Torino. In particolare, Giusi Bartolozzi, capo di gabinetto di Nordio, avrebbe raccomandato «massimo riserbo e cautela» nei contatti tra i dirigenti del Dipartimento affari di giustizia, suggerendo di utilizzare l’app criptata Signal per evitare comunicazioni ufficiali e tracciabili.

Una strategia che, secondo le opposizioni, smentisce la versione fornita da Nordio in Parlamento, dove il ministro aveva dichiarato che il suo dicastero era stato informato solo il giorno successivo. La circostanza è considerata cruciale: se confermata, dimostrerebbe che il governo italiano ha avuto il tempo e gli strumenti per «riparare» l’errore procedurale segnalato dalla Corte d’appello di Roma e procedere alla consegna del ricercato alla giustizia internazionale. Invece, la scelta sarebbe stata di natura esclusivamente politica.

Durissime le reazioni. Debora Serracchiani, responsabile Giustizia del Pd, afferma: «Un ministro che avrebbe mentito in un’informativa al Parlamento non può rimanere al suo posto nemmeno un secondo». E aggiunge: «La decisione di liberare un criminale accusato di violenze su minori e accompagnarlo in Libia con un volo di Stato è una responsabilità politica diretta della presidente del Consiglio».

Anche Riccardo Magi, segretario di +Europa, chiede le dimissioni del Guardasigilli: «Ha mentito su tutta la linea. Il governo ha coperto consapevolmente il rilascio di un criminale, agendo in violazione della collaborazione con la Corte penale internazionale». Per Magi, la condotta di Nordio potrebbe configurare anche un ostacolo all’attività della Corte.

Sulla stessa linea il vicecapogruppo Avs alla Camera Marco Grimaldi, che accusa il ministro di «aver travisato consapevolmente i fatti» e «manipolato le carte» per nascondere una responsabilità politica e istituzionale. Grimaldi chiede trasparenza anche sul rinnovo del memorandum con la Libia: «Siamo in mano a un governo che si fa ricattare e non sa nemmeno farsi rispettare».

L’intera vicenda, che ha già attirato l’attenzione della Corte penale internazionale, si complica ora sul fronte interno. Le comunicazioni informali e l’utilizzo di canali riservati potrebbero aggravare il quadro. In attesa delle decisioni del Tribunale dei ministri, resta un dato politico inequivocabile: la gestione del caso Almasri rischia di aprire una profonda crepa tra governo, istituzioni e opinione pubblica.