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CARLO NORDIO MINISTRO GIUSTIZIA
Il referendum sulla riforma della giustizia si terrà «nei primi mesi del 2026». Lo ha annunciato il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, nel corso della trasmissione Quarta Repubblica su Rete4, assicurando che il disegno di legge sulla separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri è «in dirittura d’arrivo per l’approvazione in prima lettura al Senato» e che «la seconda lettura sarà più semplice e rapida».
Nordio ha rivendicato il percorso riformatore, definendo la separazione delle carriere e la previsione di due distinti Consigli superiori della magistratura come un intervento «necessario, ma non sufficiente». Per migliorare l’efficienza della giustizia, ha aggiunto, «saranno necessarie anche altre riforme».
Secondo il ministro, la riforma è arrivata solo ora perché «la magistratura è sempre stata così contraria da condizionare la politica». Ma oggi, ha affermato, «siamo decisi a portarla avanti. Ce lo chiede l’elettorato e la faremo».
Rispondendo alle critiche delle opposizioni, che paventano il rischio di un controllo politico sulla magistratura inquirente, Nordio ha ribadito: «Il mio profondo convincimento è che il pm debba restare indipendente». Quanto alle dichiarazioni del procuratore Nicola Gratteri, atteso su La7 con un progetto televisivo dedicato alle mafie, il Guardasigilli ha detto: «Ha tutto il diritto di dire quello che pensa. Di fatto, legittima la nostra proposta. I magistrati devono parlare: il silenzio può essere complicità».
Nel suo intervento, Nordio ha anche criticato il Massimario della Cassazione, che aveva sollevato rilievi sul decreto Sicurezza: «Non è un centro studi, non è deputato a esprimere giudizi di merito. Sono rimasto incredulo».
Sull’ipotesi di una amnistia, il ministro ha mostrato freddezza: «Si fa quando si è in posizione di forza, per generosità. Se la si fa per necessità, per svuotare le carceri, è un segno di debolezza e un incentivo a delinquere».
Infine, un commento sul caso giudiziario relativo all’omicidio di Garlasco: «Comunque finisca, finirà male. O è giusta la condanna dell’imputato e allora l’indagato di oggi sta soffrendo pene indescrivibili, oppure è vero il contrario. Oppure sono innocenti entrambi: sarebbe un doppio errore giudiziario. In ogni caso, una persona innocente sta soffrendo». Secondo Nordio, il caso dimostra che «il sistema con cui si fanno le indagini va rivisto».