La notizia dell’apertura di uno sportello per uomini maltrattati nel VI Municipio di Roma, unico guidato dal centrodestra, ha scatenato la bufera sulla senatrice dem Valeria Valente.

Valente ha criticato su Facebook l’iniziativa, approvata da una delibera della Giunta municipale guidata da Nicola Franco (Fratelli d’Italia), che descrive le donne come autrici di violenza psicologica sugli uomini, capaci di isolarli dai figli e perseguitarli con uno stalking “emotivo e silenzioso, ma logorante”. In sostanza, si legittima la teoria dell’alienazione parentale, considerata antiscientifica da Cassazione, Parlamento europeo, Onu e persino dal governo Meloni, che nel “Libro Bianco sulla violenza maschile contro le donne” l’ha definita «inaccettabile come argomentazione processuale» e «dannosa per i diritti di donne e minori».

Valente, già presidente della Commissione femminicidio, ha ribadito che l’iniziativa è «un attacco ai centri antiviolenza e alle operatrici», e soprattutto «un attacco alle donne. Tutte - si legge nel post finito nel mirino -. Un colpo al lavoro culturale ed educativo per eradicare il fenomeno, perché propone una visione mistificante, alimentando una narrazione falsa: che esiste solo una violenza neutra e non quella specifica agita dagli uomini contro le donne, basata sulla cultura del possesso e del dominio. Donne dalle quali non accettano un no, considerate ancora “cose” su cui esercitare il proprio dominio».

Valente cita anche i manifesti a Napoli che chiedevano: “Ma la violenza ha sempre lo stesso sesso?”. La risposta, dice, è sì: «Questo tipo di violenza deve essere chiamata con il suo vero nome: violenza maschile contro le donne. In quel maschile - che non accettiamo sia omesso - c’è la sfida da vincere. Sostenere il contrario significa non voler combattere i femminicidi, volto estremo della violenza di genere». Da qui un profluvio di commenti, soprattutto al maschile, in cui Valente veniva accusata di “delirio” e le sue parole bollate come “balla colossale”, “fanatismo”, “vergognose”, “criminali” e in grado di suscitare “schifo” e “nausea”, solo per citarne qualcuno. Ma non solo: Valente è stata denunciata dall’avvocato Angelo Pisani - ideatore del progetto “1523 contro la violenza sugli uomini” - per “istigazione all’odio o alla discriminazione - omofobia, abuso della funzione pubblica, diffamazione aggravata ai danni di soggetti vulnerabili e associazioni”.

Ferma la reazione delle associazioni anti violenza, che in una nota - sottoscritta nel momento in cui scriviamo da 66 organizzazioni, tra le quali DiRe, Telefono Rosa, Casa Internazionale delle donne e Cgil Politiche di genere, hanno stigmatizzato «i gravi attacchi subiti sui social». «Le offese, le denunzie, gli attacchi personali e non, alla senatrice Valente dimostrano quanto inveterato sia il potere maschile patriarcale agito e pensato. Ma dimostrano anche che tutte le azioni di sensibilizzazione, formazione e denunzia del fenomeno, poste in essere in questi anni sul piano legislativo e sociale, stanno avendo efficacia - si legge -. Abbiamo dato nome e valenza politica al fenomeno della violenza maschile agita sulle donne in quanto tali e questo determina rigurgiti di violenza verbale ed attacchi personali che vanno respinti, qualificati e condannati. È evidente che l’attacco alla senatrice Valeria Valente riguarda tutti e tutte, è una aggressione rivolta a quello che lei rappresenta, alle battaglie realizzate al fianco delle donne nelle istituzioni, è, di fatto, un elemento di “disturbo” per chi, indisturbato, per tanti anni ha esercitato il suo potere in quanto uomo».

Un messaggio al quale Valente ha risposto con gratitudine. «Non è un sostegno solo a me - ha commentato -, ma al comune impegno di molti anni, al fianco delle donne, per smascherare la matrice della violenza maschile, insita nella cultura patriarcale». Valente ha sottolineato che «gruppi di uomini stanno attaccando chi contrasta la violenza maschile, negandone la specificità e trasformando le donne che si difendono in carnefici». E ha aggiunto: «Non c’è reciprocità nella violenza, le donne sono vittime di relazioni asimmetriche in cui domina la cultura del possesso maschile sui loro corpi e vite. Negare la specificità della violenza contro le donne significa cancellare oltre 50 anni di battaglie femministe per i diritti e la libertà. È un corto circuito da svelare e sconfiggere. Noi non arretreremo, insieme a quegli uomini che vogliono cancellare la cultura patriarcale e costruire una società basata sul rispetto delle differenze».