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CHIARA COLOSIMO PRESIDENTE COMMISSIONE ANTIMAFIA
Stop a bonus e permessi premio per chi è condannato per mafia o terrorismo. È questo l’obiettivo del disegno di legge presentato alla Camera dalla presidente della Commissione antimafia, Chiara Colosimo, insieme ad altri deputati. La proposta vincola la concessione dei permessi al parere dei pubblici ministeri, fino ad oggi non obbligatorio.
L’iniziativa nasce a seguito di articoli di Repubblica che avevano documentato come alcuni esponenti di spicco delle associazioni mafiose avessero trascorso periodi fuori dal carcere durante le festività natalizie e pasquali. Nei primi mesi del 2025, i permessi concessi sono stati quasi 200. Pur ribadendo che «il fine rieducativo della pena previsto dalla Costituzione rimane imprescindibile», Colosimo sottolinea che «non si può trascurare la sicurezza della collettività».
La proposta stabilisce che i magistrati valutino i pareri delle procure – che quasi mai sono favorevoli –, le informazioni degli istituti di pena e degli organi di polizia prima di prendere una decisione. Per i detenuti in regime di 41 bis, l’acquisizione dei pareri sarà obbligatoria. Inoltre, rafforza il ruolo del Procuratore nazionale antimafia, che potrà intervenire come pubblico ministero davanti al Tribunale di sorveglianza e avrà facoltà di impugnare i provvedimenti o presentare ricorso.
La legge interviene anche sul testo unico sugli stupefacenti per evitare che i boss possano simulare una presunta tossicodipendenza al fine di scontare la pena in comunità anziché in carcere. La proposta si è sviluppata dopo un anno di lavori e audizioni in Commissione parlamentare, dove sono stati ascoltati magistrati di sorveglianza e procuratori, secondo i quali il problema principale dell’attuale sistema è che spesso il magistrato non attende le osservazioni della procura, facilitando così l’uscita di alcuni boss per permessi premio.
«È stato molto raccontato il fatto che diversi mafiosi scarcerati negli anni precedenti a Palermo sono tornati con una nuova indagine nell’anno passato grazie al procuratore De Lucia in carcere - ha spiegato Colosimo ad Agorà Estate - In quell’occasione il procuratore disse: “io non conosco mafiosi che si sono pentiti e hanno smesso di essere mafiosi”.
Dopo una sentenza della Corte costituzionale, non solo i boss pentiti potevano accedere ai permessi, ma anche coloro che, secondo i presidenti dei tribunali di sorveglianza, avevano una condotta corretta. Questo ha aperto ad alcune distorsioni, rese pubbliche in diversi casi». Secondo quella sentenza, per la concessione dei benefici è necessario escludere due circostanze: «L’attualità della partecipazione all’associazione criminale» e «il pericolo del ripristino di collegamenti con la criminalità organizzata».
L’altro intervento riguarda il testo unico degli stupefacenti, sulla scorta, ad esempio, della storia di Dorian Petoku, narcotrafficante albanese uscito dal carcere nonostante il parere contrario della Dda per scontare la pena in comunità, dalla quale è poi fuggito. Da qui la riflessione su possibili «connivenze» di chi deve certificare la tossicodipendenza. La proposta si concentra anche sull’articolo 30 bis, relativo ai permessi per detenuti al 41 bis per gravi motivi, dopo che «boss importanti della ‘ ndrangheta – ha aggiunto Colosimo – sono tornati sui loro territori addirittura per trovare familiari malati. E questo genera non soltanto una preoccupazione per chi fa questo lavoro, ma anche su quei territori».
La proposta di legge, depositata il 5 agosto, dovrebbe diventare «una priorità» per la Commissione Giustizia. Colosimo spiega che si tratta di una misura che rafforza le Dda e mette al centro la Procura nazionale antimafia, con possibilità di reclamo e verifica. «Se un boss vuole dimostrare di voler cambiare vita deve innanzitutto risarcire le famiglie delle vittime, cosa che quasi mai avviene», aggiunge, ricordando che spesso i mafiosi dichiarano di essere nullatenenti.
Per questo la proposta prevede controlli su patrimoni e attività economiche, anche delle famiglie dei boss, prima di concedere i permessi, così da verificare eventuali inganni o intenzioni di continuare a delinquere. Per la presidente della Commissione antimafia, si tratta di una proposta «prettamente tecnica», «non divisiva» e spera che «trovi l’appoggio di tutti, perché la lotta alla mafia riguarda tutti e soprattutto le vittime. Il modo giusto per onorarle è non permettere a chi ha fatto tanto male di continuare a farne».