Per chi sosteneva che con l’abolizione dell’abuso d’ufficio sarebbe stato impossibile colpire i “segnalati” e i raccomandati nei concorsi pubblici, arriva ora la risposta di Forza Italia. Il deputato Tommaso Calderone ha infatti presentato il primo agosto una proposta di legge che introduce nel codice penale il nuovo articolo 346- ter, dedicato alle segnalazioni o interferenze illecite in procedure selettive pubbliche.

L’obiettivo dichiarato è colmare il vuoto normativo lasciato dalla cancellazione dell’abuso d’ufficio, una scelta che aveva scatenato forti polemiche sia sul piano politico che giudiziario. La norma, spiega Calderone, serve a evitare che in assenza di strumenti specifici le condotte di raccomandazione restino impunite o possano essere perseguite solo attraverso i reati più gravi di corruzione e concussione.

La proposta intende invece tipizzare in modo chiaro quelle condotte intermedie che, pur non raggiungendo il livello della corruzione, minano alla radice il principio di meritocrazia. Il testo distingue questa fattispecie anche dal traffico di influenze, reato sul quale il governo è già intervenuto in modo incisivo al momento dell’abolizione dell’abuso d’ufficio.

Calderone insiste sulla necessità di avere una norma ad hoc, calibrata su un fenomeno che in Italia è storicamente radicato e che riguarda tanto il settore pubblico quanto quello accademico e professionale. Entrando nel merito, la proposta prevede pene fino a 4 anni di reclusione per chiunque «indebitamente segnala a pubblici ufficiali soggetti che partecipano a concorsi pubblici al fine di alterarne la graduatoria finale», per chi interviene nelle singole fasi della procedura o favorisce in modo illecito il superamento delle prove. La stessa pena è prevista per gli intermediari, per i pubblici ufficiali che accettano la segnalazione e per i beneficiari consapevoli. Se a segnalare o mediare è un pubblico ufficiale,

la sanzione è aggravata: la pena aumenta fino a un terzo e la condanna comporta l’interdizione dai pubblici uffici per almeno quattro anni. Nella relazione di accompagnamento, il provvedimento viene descritto come un tentativo di contrastare «una prassi radicata» che mina i principi costituzionali di imparzialità e buon andamento, perché «premia logiche di appartenenza e influenza» invece di valorizzare la preparazione e le competenze dei candidati.

Da qui la scelta di introdurre una fattispecie autonoma, che sia «ben tipizzata, sia sul piano oggettivo, individuando condotte quali la segnalazione o l’interferenza indebita nelle procedure selettive, sia sul piano soggettivo, richiedendo il dolo specifico di alterare l’esito». Pur riconoscendo che la norma penale non basti da sola a sradicare una pratica così diffusa, per Calderone una previsione chiara e severa rappresenta comunque un segnale politico e istituzionale necessario. «Si ritiene che la gravità e la pervasività delle raccomandazioni richiedano una risposta chiara e ferma dello Stato», si legge nel testo, che affida alla nuova norma una funzione di prevenzione generale: rafforzare il principio di legalità e dissuadere dal ricorso a pratiche che compromettono trasparenza e meritocrazia.