La vicenda paradossale è approdata per ben due volte in Cassazione ma ancora non riesce a trovare una soluzione. Un cittadino senegalese scopre che nel suo certificato del casellario c’è una condanna del Tribunale di Lucca emessa in realtà nei confronti di persona diversa e si attiva per richiedere la cancellazione dal certificato penale della sentenza ex art 688 cpp.

I suoi tentativi sono naufragati e la cassazione è dovuta intervenire una prima volta con la sentenza numero 43651/2023 della sezione 1 ed ora con la sentenza 24382/2024 della sezione 5. Con ordinanza del 4 febbraio 2024, il Tribunale di Trieste, quale giudice dell’esecuzione e decidendo in sede di rinvio a seguito della pronuncia di annullamento della prima sezione della Cassazione del 2 maggio 2023, dichiarava la propria incompetenza a decidere in ordine alla istanza avanzata nell’interesse di N.A. ai sensi dell’art. 668 cod. proc. pen. – volta ad ottenere la cancellazione dal certificato penale della sentenza del Tribunale di Lucca del 26 gennaio 2004, irrevocabile il 14 giugno 2005, in quanto emessa nei confronti di diversa persona – per essere il medesimo nato in territorio estero, così che, in applicazione dell’art. 40 d.P.R. n. 313/2002, la decisione era di competenza del Tribunale di Roma.

La Cassazione aveva annullato la precedente ordinanza – di non luogo a provvedere sulla ricordata istanza non potendosi dare applicazione agli artt. 669 e 130 cod. proc. pen. posto che “nei confronti del vero colpevole (diverso dall’istante), rimasto estraneo al giudizio, il giudicato formatosi nei confronti di altra persona (l’istante)” non poteva essere applicato – dato che, nonostante l’errore rilevato (l’istante non era la persona imputata nel processo a cui era conseguita la condanna), non si era provveduto, ai sensi degli artt. 668 e 130 cod. proc. pen., a decidere sulla domanda di espunzione di tale precedente dal suo certificato penale. Propone ricorso l’interessato, deducendo, con l’unico motivo di ricorso, la violazione di legge ed in particolare dell’art. 623 cod. proc. pen.

Nella sentenza di annullamento, infatti, la Corte di legittimità aveva indicato come l’istanza avanzata dal prevenuto dovesse essere decisa ai sensi dell’art. 668 cod. proc. pen. e come pertanto fosse competente a decidere sulla stessa il giudice dell’esecuzione e non quello indicato dall’art. 40 del d.P.R. n. 313 del 2002. Anche considerando il fatto che la decisione sull’istanza necessitava di una verifica sul merito della riconducibilità della condanna al prevenuto (Cass. n. 6980/2017). Nella sentenza della Cassazione del 2 maggio 2023 si era annullato il precedente provvedimento del Tribunale di Trieste con rinvio per nuovo giudizio al medesimo Tribunale. Se ne era così fissata la competenza a decidere.

Del resto, si trattava di provvedimento di competenza del giudice dell’esecuzione, pacificamente nel caso concreto, il Tribunale di Trieste, investito dell’istanza di cancellazione della condanna indicata in atti dal certificato del casellario del prevenuto.

Si è, infatti, precisato che, salvo l’emergere di fatti nuovi (non ricorrenti e non evidenziati nel provvedimento impugnato): – in forza del combinato disposto degli artt. 25 e 627, comma primo, cod. proc. pen., nel giudizio di rinvio non può essere rimessa in discussione la competenza attribuita con la sentenza di annullamento, salvo che risultino nuovi fatti che comportino una diversa definizione giuridica da cui derivi la competenza di un giudice superiore (Sez. 1, n. 8555 del 23/01/2013, Rv. 255307; Sez. 4, n. 14709 del 08/03/2018, Rv. 272597).

In tema di giudizio di rinvio, il principio secondo cui non può essere rimessa in discussione la competenza attribuita con la sentenza di annullamento – salvo che risultino nuovi fatti che comportino una diversa definizione giuridica da cui derivi la competenza di un giudice superiore – si applica anche quando il provvedimento annullato sia un’ordinanza emessa dal giudice dell’esecuzione (Sez. 5, n. 11332 del 10/12/2019, dep. 2020, Rv. 278686; Sez. 1, n. 13056 del 19/02/2015, Rv. 263181). Il Tribunale di Trieste non poteva pertanto spogliarsi della sua competenza, determinata dalla sentenza di annullamento, e doveva procedere alla decisione sull’istanza proposta nell’interesse del prevenuto, nei limiti da questa investiti, la eventuale cancellazione della sentenza di condanna dal certificato del casellario giudiziale del medesimo.

Ne consegue l’annullamento del provvedimento impugnato con rinvio per nuovo giudizio sempre al Tribunale di Trieste, in diversa persona fisica.

Il paradosso di questa storia è che la giustizia mostra la sua capacità di rendere inestricabile l’errore dalla stessa commesso e ci ricorda il rischio che ognuno di noi corre a ritrovarsi involontario protagonista, in un clima kafkiano, di un processo vago, indefinito, indecifrabile.

Una sensazione di crescente ineluttabilità dell’epilogo, voluto non si sa bene da chi e per quale ragione.

*Testo pubblicato sul blog Terzultimafermata