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Zaia, De Luca ed Emiliano
Se Atene piange, Sparta non ride. Può essere riassunta così la situazione nelle due coalizioni di centrodestra e centrosinistra sulla questione Regionali, visto che entrambe devono fare i conti con presidenti e uscenti, e alcuni non ricandidabili, che vogliono avere il pallino del gioco in mano, checché ne dicano i vertici dei partiti nazionali a Roma.
Troppa la vicinanza con l’elettorato, la stima dimostrata loro in due o talvolta tre elezioni, con percentuali talvolta bulgare, per assuefarsi all’idea di lasciare il posto come se nulla fosse, di rimettersi ai diktat del Nazareno o di via della Scrofa, di via Campo Marzio o di via Bellerio. Stiamo parlando delle sedi dei principali partiti, dal Pd a FdI, dal M5S alla Lega, non dimenticandosi di FI, che in queste settimane per non dire mesi hanno tentato e stanno ancora tentando di tenere a freno i desiderata di alcuni dei presidenti di Regione più apprezzati attualmente al potere, in primis Luca Zaia in Veneto e Vincenzo De Luca in Campania.
Entrambi non possono ricandidarsi, e anche se ci hanno provato e ci stanno ancora provando in tutti i modi, questo sembra essere l’unico dato certo fin qui: nessuno dei due sarà della partita quando, dopo l’estate, si voterà nei territori dove vantano ancora un grado di apprezzamento ancora ben oltre la maggioranza. E precisamente al 66% Zaia in Veneto e al 54% De Luca in Campania, in base alla consueta rilevazione del Sole 24 Ore.
«Per quanto riguarda la Campania, abbiate fede e rivolgetevi a Padre Pio e fatemi lavorare», ha detto ieri l’ex “sceriffo di Salerno” ai giornalisti che, a margine della presentazione di “Salerno Sounds”, gli chiedono degli scenari futuri in vista delle elezioni regionali.
Come noto, la volontà di De Luca è quella di impedire che tutto il campo largo, e in primis quello che sarebbe il suo partito ma contro il quale ha perfino scritto un libro, e cioè il Pd, sostenga l’ex presidente della Camera Roberto Fico. nemico giurato di De Luca, il quale non lascerà facilmente il posto a chi, a detta solo poche ore fa, «ci ha fatto opposizione per dieci anni». Ma il centrosinistra deve fare i conti anche con altri due big come Michele Emiliano in Puglia ed Eugenio Giani in Toscana. Anche in questo caso il primo non è ricandidabile, ma porta in seno una quantità di voti non indifferente per cui sarà difficile prescindere dalle sua volontà. A candidarsi per il centrosinistra dovrebbe essere il suo ex delfino ed ex sindaco di Bari, oggi europarlamentare, Antonio Decaro, capace di ottenere mezzo milione di preferenze alle scorse Europee. Ma il dado deve ancora essere tratto, e quella della politica pugliese sarà presumibilmente un’estate bollente.
In Toscana invece Giani può e vuole correre per un secondo mandato, e una serie di dirigenti locali gli hanno dato il loro sostegno. Ma in più d’uno nel Pd nazionale ha dubbi sul presidente, che risulta pur sempre il più amato tra quelli che governano regioni di centrosinistra, e di conseguenza anche in questo caso il, nodo deve essere ancora sciolto.
Ma come detto il centrodestra non vive sonni più tranquilli, se è vero come è vero che sia in Veneto che in Campania, ma anche in Puglia e in Toscana, i nomi che si fanno sono decine, e il vertice tra i leader per decidere le candidature non si è ancora svolto. «Ancora non sono state convocate le elezioni, quindi c’è tempo. Ci vedremo presto. Questa settimana finisce adesso... magari dalla prossima settimana», ha detto il leader di FI Antonio Tajani lanciando però la candidatura di Flavio Tosi in Veneto. «Noi vogliamo vincere le elezioni in Veneto e continuare a governare bene il Veneto ha spiegato - Si dovrà scegliere un nuovo candidato presidente, noi faremo la proposta di Flavio Tosi perché è un uomo che sa di amministrare. Si discuterà, si vedrà. Noi sosterremo il candidato del centrodestra chiunque esso sia, Tosi o un altro..» . Anche in questo caso, l’impressione è che la penultima se non l’ultima parola spetterà a Zaia, il quale ha parlato del “peso” del suo nome tra gli elettori.
«La lista Zaia? Io sono imbarazzato a parlare della mia lista, visto e considerato che non l’ho mai utilizzata come strumento politico, ma come strumento di adesione e di rispetto nei confronti di chi magari ha sempre voluto sostenermi ma non votava centrodestra - ha commentato - Dopodiché i dati parlano da soli: l’ultima statistica che è uscita dice che una lista come la mia può arrivare al 40- 45%. Cercheremo di capire se il centrodestra vuole valorizzare oppure no, dopo capiremo cosa fare». Insomma, non esattamente un passo di lato.