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Il Congresso dei penalisti italiani a Catania: presente il ministro della Giustizia Carlo Nordio
Secondo giorno di Congresso per l’Unione Camere Penali. Fuori al Teatro Bellini piove, quindi tutti dentro a sentire l’intervento del Ministro Nordio che si collega da casa sua. Il Guardasigilli, se ha avuto gioco facile nel rivendicare il lavoro svolto sulla riforma della separazione delle carriere, ha dovuto però incassare due contestazioni dai penalisti guidati da Francesco Petrelli. La prima volta quando ha sostenuto che «non c’è collegamento tra sovraffollamento e suicidi». In quel momento dalla platea e dalle logge del teatro si è levato un corale “buuuuuuu”. La seconda volta quando ha detto: «Anche voi ci avete accusato di panpenalismo ma se pensiamo ai rave party grazie alla norma non c’è stato alcun processo e nessuna incarcerazione». Nuovo collettivo “buuuuuu” per aver espresso una concezione della pena in ottica di prevenzione generale.
Nordio poi ha fatto un bilancio di questi tre anni. Il “primo rammarico” ha detto è «non essere riuscito a inserire l’avvocato in Costituzione per ovvie ragioni procedurali e di tempo. Spero che dopo l’approvazione della riforma costituzionale vi sia consenso per renderlo possibile entro la fine della legislatura». Tuttavia Petrelli gli ha ricordato che «non ci preoccupa il ritardo, per noi c’è già grazie all’ articolo 24 Cost. Potete anche prendervela comoda».
Il responsabile di Via Arenula è poi intervenuto sull’emergenza carceri: «Esse soffrono da decenni di questa situazione, non voglio dare la colpa ai governi precedenti» ma «se si costruisce un ospedale tutti dicono ‘bravo’; diversamente se costruisci un carcere da sempre le risorse sono state centellinate». Ha aggiunto: «Per noi una liberazione orizzontale sarebbe stata un segno di debolezza dello Stato». Ha replicato Petrelli: «La vera resa dello Stato è la resa della legalità nel momento in cui la Costituzione non viene applicata».


Nordio ha poi speso alcune parole sulla custodia cautelare: «Siamo intervenuti con l’interrogatorio preventivo ma soprattutto con quella norma che entrerà in vigore il prossimo anno che devolve alla collegialità dell’organo la decisione» sulla misura cautelare.
«Il nostro obiettivo fondamentale» dopo il referendum «sarà la riforma del codice di procedura penale riportandolo alla sua originaria concezione voluta da Giuliano Vassalli e dal professor Pisapia».
Da ultimo «vorremmo incidere sull’informazione di garanzia che è diventata condanna anticipata». Tuttavia la commissione Mura «non ha trovato accordi, lo faremo noi entro la fine della legislatura», come anticipato dal Dubbio qualche settimana fa.
Il Guardasigilli è tornato poi sulla «madre di tutte le riforme». Il fatto che «i pm diano i voti ai giudici è una anomalia tutta italiana» mentre la riforma «è un adattamento tardivo dei principi del codice accusatorio». Il suo auspicio «quasi la supplica che faccio a tutte le parti è di non gravare questo referendum di un significato politico».
Poi ha lanciato un allarme: «Se dovesse vincere il 'no' non sarebbe una vittoria del centrosinistra, ma delle Procure e noi torneremo ancora a una Repubblica sottomessa o condizionata dai magistrati e questo sarebbe un vulnus per la stessa parte politica che lo ha sostenuto».
Sempre sullo stesso tema ha proseguito: «Chi deve tacere sempre, e parlare solo con le sentenze, è il giudice. Il pubblico ministero, esattamente come gli avvocati, ha tutto il diritto di parlare quando e come vuole. A me fa piacere vedere in televisione il dottor Gratteri a Lezioni di mafia e intervenendo sulla riforma. Ma questo dimostra che la separazione delle carriere è già in atto, deve essere attuata. Gratteri è miglior testimonial della separazione delle carriere».