Si apre domani a Catania - e proseguirà fino a domenica - il XX congresso ordinario dell'Unione Camere Penali Italiane. Titolo della tre giorni “La giustizia che sarà - Il giudice e le parti: ruoli, funzioni, culture”. Numerosi gli ospiti istituzionali e politici. Fabio Pinelli, numero due del Csm, Francesco Greco, presidente del Cnf, il vertice del Senato Ignazio La Russa, il vice ministro Francesco Paolo Sisto, il deputato Enrico Costa, i consiglieri di Palazzo Bachelet Andrea Mirenda e Felice Giuffrè, il procuratore Antimafia Giovanni Melillo.

Si tratta dell’ultimo appuntamento dei penalisti prima del referendum sulla separazione delle carriere. Il presidente dell’Ucpi, Francesco Petrelli, è convinto che «ci sarà una grande partecipazione perché il clima del momento è particolarmente sentito dall’avvocatura penale. Siamo infatti vicini all’ultimo passaggio parlamentare della riforma costituzionale ed all’apertura di una campagna referendaria che vedrà gli 11.000 avvocati dell’Unione impegnati in prima linea nell’attività di comunicazione e di informazione dei cittadini». Come ricorda Petrelli «l’intera storia dell’Ucpi è legata a questa fondamentale e irrinunciabile idea riformatrice e sono convinto che questo sarà un motivo di grande entusiasmo e di forte mobilitazione». Ad intervenire oggi pomeriggio anche il presidente dell’Anm, Cesare Parodi. Al di là dei convenevoli, è noto a tutti che i rapporti tra avvocati e magistrati sono molto tesi sul tema della riforma Nordio.

Tuttavia Petrelli si dice “felice” che Parodi «abbia accolto subito il nostro invito, anche perchè l’avvocatura è convinta che sarebbe un danno per il Paese se il confronto sulla riforma costituzionale finisse con l’essere travolto da tensioni improprie. Questo distoglierebbe l’attenzione dai temi concreti della campagna referendaria, che sono quelli che interessano tutti i cittadini. Credo che la tensione caratterizzi piuttosto i rapporti fra politica e magistratura, perché è in quel campo che vi è interesse all’acquisizione di consenso. Ma il tema referendario è un altro, relativo al diritto o meno dei cittadini ad un giudice terzo e quindi ad una giustizia penale più efficace, più equilibrata e trasparente». Più volte, infatti, l’Ucpi ha contestato «l’impegno politico» del sindacato delle toghe. Chiediamo a Petrelli se non ritenga che anche i magistrati da cittadini abbiano il diritto di esprimere la propria posizione e dove finisca la loro libertà di espressione. «Finisce esattamente dove inizia il loro ruolo - ci spiega l’avvocato - perché i magistrati, diversamente dai comuni cittadini, sono titolari di poteri straordinari ed ogni potere è inevitabilmente fonte di responsabilità e di restrizioni, soprattutto con riferimento all’esercizio dei diritti politici. Ogni cittadino è libero di esercitare i propri diritti di elettorato passivo e di iscriversi evidentemente a qualsiasi partito, ma non è così per i magistrati soggetti in questa materia a molteplici ovvie limitazioni. D’altronde, la stessa Corte costituzionale ci ricorda che “sebbene i magistrati debbono godere degli stessi diritti di libertà garantiti ad ogni cittadino” deve tuttavia “ammettersi che le funzioni esercitate e la qualifica da essi rivestita non sono indifferenti e prive di effetto” proprio perchè occorre “evitare che possa fondatamente dubitarsi della loro indipendenza e imparzialità”. Credo che i magistrati dovrebbero essere i primi a coltivare questo self-restraint, nell’interesse della loro stessa categoria» auspica Petrelli a cui domandiamo se a suo parere sarà vincente trasformare il referendum in un plebiscito pro o contro magistratura, utilizzando anche argomenti estranei al contenuto della riforma. «Credo che si tratti della cosa peggiore che possa accadere perché allontanerebbe i cittadini dal merito della riforma, sui quali le ragioni della magistratura sono indifendibili, mentre imposterebbe il confronto su di uno stucchevole registro vittimistico di cui non abbiamo alcun bisogno».

Tra gli ospiti di oggi ci sono sia Goffredo Bettini che Debora Serracchiani. Entrambi del Pd ma con posizioni opposte sulla separazione delle carriere. «Sono convinto - dice ancora Petrelli - che vi sia una parte molto consistente di elettori di sinistra favorevoli alla riforma rimasti impigliati in un pregiudizio ideologico che credo sia facilmente superabile, perché quella della separazione delle carriere è una storia che intreccia il pensiero liberale di sinistra».

D’altronde «il superamento dell’unitarietà delle magistrature requirenti e giudicanti è una evidente conquista democratica: è il superamento di quella “unità spirituale” della magistratura proclamata nell’Ordinamento giudiziario di Dino Grandi, guardasigilli di Mussolini. Di questo Giuliano Vassalli, socialista, padre, nel 1988, della prima riforma repubblicana del processo penale accusatorio, era perfettamente consapevole, come ne erano convinti lo stesso Giovanni Falcone e poi di lì, per citarne solo qualcuno, Agostino Viviani, Emanuele Macaluso, Enrico Morando, Goffredo Bettini, appunto, fino a Maurizio Martina che affermava addirittura nel suo programma, sottoscritto anche da Debora Serracchiani, la ‘ineludibilità’ della riforma».

Sempre a proposito di riforma chiediamo a Petrelli se sia d’accordo con chi sostiene, ad esempio, che colpire il capo di Gabinetto di Nordio Giusi Bartolozzi nasconda la volontà di colpire la separazione delle carriere e Nordio. «Impostare il discorso su questa base “complottista”, non solo incrementa quelle tensioni che rischiano di eclissare del tutto il merito delle riforme, ma impedisce anche di comprendere i reali fenomeni in atto all’interno della magistratura deformandoli attraverso le lenti dell’ ”anti-berlusconismo” e delle cd. ”toghe rosse”. Mi pare un teatrino che giovi unicamente agli interessi di parte della politica e della magistratura».

L’ultima questione affrontata con Petrelli riguarda quegli avvocati che pubblicamente e non esprimono incertezza sul votare “Sì” al referendum perché promosso da un governo di destra. «Non so a quali avvocati si riferisce, ma ammesso che ve ne siano, direi semplicemente che le leggi vanno valutate per il loro contenuto e per la loro autentica storia, al di là di chi le propone e, come ha detto un giurista del livello del prof. Paulo Pinto de Albuquerqe, accademico e giudice della Corte europea, non sospettabile di simpatie governative, che questa riforma non è né di destra né di sinistra e farà solo bene alla giustizia di questo Paese, così come ha fatto bene al Portogallo, dove è stata introdotta dopo la rivoluzione dei garofani del 1974» conclude Petrelli.