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NICOLA GRATTERI MAGISTRATO
Ci risiamo, il procuratore Gratteri ha deciso ancora una volta di frugare tra le memorie di Giovanni Falcone per provare a rimediare alla figuraccia sulla presunta frase con cui ha schierato Falcone stesso contro le carriere separate. Una bufala in piena regola, passata da giornali poco avvezzi a maneggiare le fonti e smascherata dal Dubbio grazie al lavoro del nostro Damiano Aliprandi, uno che le fonti le cerca e non le fabbrica. Stavolta Gratteri ha tirato fuori l’intervento (bellissimo) che Falcone fece all’Istituto Gonzaga dei Gesuiti di Palermo l’8 maggio del ’92. Ed è bene segnarsi la data: quel ’92 che segna un passaggio drammatico e decisivo per lui e per il nostro paese. Ma questa è un’altra storia.
Torniamo a noi, e indovinate un po’? Quel documento lo abbiamo anche noi. Ma integrale, non un frammento decontestualizzato ad arte per dimostrare l’indimostrabile, ovvero che Falcone era contrario alla separazione tra giudice e pm.
Il punto è che quell’intervento – del quale Gratteri ha estratto poche battute ma che in realtà è assai lungo e articolato –, ecco, quell’intervento di Falcone fa riferimento a un dibattito relativo all’autonomia dei magistrati dalla politica, ma anche della politica dai magistrati. E chi dice il contrario, o non lo ha letto oppure vuol forzare le parole di Falcone. Di più: Falcone parla dopo essere finito sotto l’attacco dei colleghi proprio per essersi schierato a favore delle carriere separate.
Ecco il passaggio integrale che evidentemente Gratteri non deve aver visto. Dice Falcone nel convegno di Palermo: “Il pubblico ministero è sì un organo giudiziario, ma, non essendo titolare della potestà di giudicare, neppure può dirsi giudice in senso tecnico. Quali che possano essere nel concreto le soluzioni da adottare, un punto mi sembra fondamentale: il pm deve avere un tipo di regolamentazione differente da quella del giudice, non necessariamente separata. E ciò non per assoggettarlo all’esecutivo, come si afferma, ma al contrario per esaltarne l’indipendenza e l’autonomia. Fra gerarchia e indipendenza c’è tutta una serie di figure intermedie che possono fare in modo che l’indipendenza sia finalizzata al raggiungimento degli scopi per cui il pubblico ministero è stato creato”.
Ancora Falcone: “Mi ricordo (sono problemi che riguardano la mia persona, ma li richiamo soltanto perché possono essere utili per spiegare il concetto) che venni ‘accusato’ di voler il pm dipendente dall’esecutivo quando in un convegno dissi che occuparsi dell’obbligatorietà dell’azione penale è sì un fatto importante, ma non è essenziale. Perché? Perché l’obbligatorietà dell’esercizio dell’azione penale ha una valenza differente a seconda del tipo di processo penale in cui ci si muove”.
Ma è in un passaggio ancora successivo del discorso di Falcone che il taglia e cuci di chi vuol dimostrare l’indimostrabile è più evidente: “Indipendenza ed autonomia, se per un verso devono essere strettamente legate all’efficienza dell’azione della magistratura, dall’altro non significano affatto separatezza dalle altre funzioni dello Stato. Io credo che prima o poi si riconoscerà che non è possibile una meccanicistica separatezza perché ciò determina grossi problemi di funzionamento e di raccordo”.
Chiarissimo: la separatezza di cui parla Falcone, qui, non è tra giudice e pm, ma tra i diversi poteri e organi dello Stato. Falcone si era trovato isolato dai suoi colleghi proprio perché aveva accettato di andare a Roma e dialogare con tutte le anime dello Stato per meglio combattere la mafia.
Ma è soprattutto quella frase iniziale di Falcone sul ruolo del pm, che chiude il cerchio, e che vale la pena di rileggere ancora: “Il pubblico ministero è sì un organo giudiziario, ma, non essendo titolare della potestà di giudicare, neppure può dirsi giudice in senso tecnico”. Il pm non è un “para-giudice”, per Falcone. Più chiaro di così.
Insomma, Gratteri sembra essere caduto nel classico errore dei pm: prendere frasi decontesualizzate per suffragare il proprio teorema investigativo. E infine, e lo diciamo col massimo rispetto: leggendo quelle pagine si capisce la grandezza intellettuale di Falcone – che ingaggiava ad armi pari con costituzionalisti e politologi come Gianfranco Miglio –, rispetto alla cultura da tweet e talk show di chi oggi si presenta come suo successore (sic!).
P.s. Siamo certi che nei prossimi giorni metteremo la parola fine a questo dibattito surreale e grottesco su Falcone e Borsellino...


