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NICOLA GRATTERI MAGISTRATO
«La separazione delle carriere è il primo step di un percorso che vedrà come successivo la sottoposizione del pubblico ministero all’esecutivo. Sarà il governo a stabilire quali reati perseguire e a quali condizioni». Così il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, in un’intervista al Corriere della Sera, ribadisce la sua netta contrarietà alla riforma costituzionale della giustizia, approvata definitivamente dal Parlamento e destinata al referendum confermativo nella primavera 2026.
«Non si vuole separare, si vuole controllare»
Gratteri non usa mezzi termini: «Con questa riforma non si vuole separare la magistratura, si vuole controllarla. Si vuole fare in modo che chi è al governo possa di volta in volta dettare l’agenda giudiziaria. È accettabile per i cittadini un sistema che non persegue chi commette reati, ma solo chi “serve” al potere del momento?». Per il magistrato, la riforma «allontana il pm dalla giurisdizione, equiparandolo a una parte privata. Il compito del pubblico ministero non è vincere o punire a ogni costo, ma ricercare la verità, anche a favore dell’indagato. È questa la garanzia di imparzialità che distingue la magistratura da ogni altro attore processuale».
«Non migliora l’efficienza della giustizia»
Il procuratore critica anche l’impianto tecnico della riforma, ritenendolo «totalmente inefficace» rispetto all’obiettivo di rendere più rapidi i processi: «Il ministro Nordio dice che colmerà gli organici, ma non basta. Per migliorare davvero la giustizia – afferma Gratteri – servono riforme strutturali: accorpare i piccoli tribunali invece di riaprirli, ridurre i magistrati fuori ruolo, stabilizzare gli addetti all’ufficio del processo e bandire concorsi per il personale amministrativo. Inoltre bisogna investire in modo razionale nell’informatica, ma oggi molti uffici, compreso il mio, non hanno neppure scorte informatiche. Se si rompe un pc o una stampante, non possiamo sostituirli».
«Andare a votare e votare no»
Il procuratore annuncia che continuerà a impegnarsi pubblicamente per informare i cittadini: «Continuerò a spendermi fino alla fine per far capire quanto è importante andare a votare e votare no. Spero lo facciano in tanti. Questa non è una battaglia di categoria, ma una questione di democrazia».


