La data del 30 ottobre 2025 è entrata nella storia della politica italiana? Probabilmente sì. L’Aula del Senato ha dato il via libera definitivo alla riforma costituzionale sulla separazione delle carriere in magistratura: 112 i voti favorevoli, 59 i contrari e 9 gli astenuti. Nella quarta e ultima lettura del disegno di legge si è così chiuso il lungo iter parlamentare di una delle riforme più discusse degli ultimi decenni riguardante il sistema giudiziario italiano. L’approvazione del 30 ottobre scorso rappresenta un passaggio politico e istituzionale di rilievo, che ha segnato al tempo stesso una profonda spaccatura tra la maggioranza di governo e le opposizioni. Queste ultime – non senza enfasi e allarmismi - hanno parlato di un «attacco all’autonomia della magistratura ».

La prossima tappa sarà il referendum confermativo. Perché gli italiani andranno al voto nella primavera del 2026? L’articolo 138 della Costituzione stabilisce che «le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione».

Il secondo comma prevede che «le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali». Inoltre, «la legge sottoposta a referendum non è promulgata se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi».

Infine il terzo comma, che riguarda il caso confermativo, evidenzia che «non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti». È il caso che qui ci occupa, poiché Camera e Senato, nella “seconda lettura conforme”, hanno dato il via libera alla riforma senza raggiungere il quorum dei due terzi che avrebbe impedito il voto referendario. A differenza del referendum abrogativo di leggi, quello confermativo non richiede il quorum del 50% degli iscritti alle liste elettorali.

LA SODDISFAZIONE DEL GUARDASIGILLI E DEL CNF

Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha detto che la riforma «ci allinea con tutte le democrazie occidentali e liberali, dove la funzione del pubblico accusatore è separata da quella del giudice». Archiviato il lavoro del Parlamento, si apre ora una nuova fase che coinvolgerà direttamente i cittadini. «È il momento – ha commentato il presidente del Consiglio nazionale forense, Francesco Greco - di proseguire su questa strada per superare quelle dinamiche correntizie che nel tempo hanno condizionato l’autorevolezza della giustizia e della magistratura. L’Italia ha bisogno di una giustizia giusta, con un giudice terzo e imparziale, un pubblico ministero pienamente indipendente, ma sempre nell’ambito della giurisdizione, e con una difesa tecnica forte e autonoma. Il Cnf parteciperà al dibattito pubblico in vista del referendum offrendo il contributo tecnico e giuridico dell’avvocatura, avulso dalle logiche partitiche, affinché il confronto sia informato, equilibrato e rispettoso dei principi costituzionali».

LO SDOPPIAMENTO DEL CSM E IL SORTEGGIO DEI TOGATI

La riforma modifica vari articoli della Costituzione, prevedendo la creazione di due distinti Consigli superiori della magistratura, rispettivamente per la carriera giudicante e per quella requirente. Entrambi sono presieduti dal Presidente della Repubblica. I componenti dei Consigli saranno in parte sorteggiati tra magistrati e tra professori e avvocati di lunga esperienza. L’obiettivo è garantire equilibrio e imparzialità.

Ai due Csm si aggiunge l’Alta Corte disciplinare, composta da 15 giudici e con competenza esclusiva sulle sanzioni nei confronti dei magistrati. Tra le caratteristiche il funzionamento con doppio grado di giudizio interno. Le norme definiscono composizione, durata, incompatibilità e procedura dei nuovi organi. Il testo della riforma include modifiche di coordinamento agli articoli 106, 107 e 110 della Costituzione e disposizioni transitorie per l’adeguamento della legislazione ordinaria entro un anno dall’entrata in vigore. Vediamo più nel dettaglio con funzioneranno i due Csm. Come anticipato, il Csm della «magistratura giudicante» e il Csm della «magistratura requirente» sono presieduti dal Presidente della Repubblica. Il Primo Presidente e il Procuratore generale della Cassazione ne fanno parte di diritto.

Altra caratteristica: i due Consigli non saranno elettivi. In merito alla loro composizione è prevista la presenza per un terzo di membri laici e per due terzi di togati. Elemento rilevante della riforma è il sorteggio. I membri laici saranno estratti a sorte da un elenco di giuristi che sarà predisposto dal Parlamento in seduta comune, mentre i togati verranno sorteggiati tra tutti i magistrati, giudicanti e requirenti con requisiti che stabilirà una successiva legge ordinaria. La durata in carica dei componenti dei due Csm è di quattro anni e non potranno partecipare alla procedura di sorteggio successiva.

LE TOGHE DELL’ALTA CORTE ESTRATTE SOLO DALLA CASSAZIONE

Attualmente i poteri disciplinari sono assegnati ad una Sezione speciale del Csm. Con la riforma sulla separazione delle carriere le cose cambieranno.

I due Consigli superiori della magistratura non potranno più esercitare i poteri disciplinari. Avranno competenze in materia di assunzioni, assegnazioni, trasferimenti, valutazioni di professionalità e conferimenti di funzioni dei magistrati. La giurisdizione disciplinare nei riguardi di tutti i magistrati sarà invece esercitata dall’Alta Corte, che si comporrà di 15 membri: 3 nominati dal Presidente della Repubblica, 3 estratti a sorte da un elenco di giuristi che il Parlamento in seduta comune «compila con elezione », 6 estratti a sorte tra i magistrati giudicanti con 20 anni di attività e con esperienze in Cassazione e, infine, 3 sorteggiati tra i magistrati requirenti con vent’anni di attività ed esperienza in Cassazione.

Una peculiarità dell’Alta Corte è data dalla presenza in maggioranza dei togati con il presidente eletto tra i laici. La durata in carica è di 4 anni senza possibilità di rinnovo. Le sentenze dell’Alta Corte disciplinare possono essere impugnate con ricorso solo davanti alla stessa Corte, che giudicherà in una composizione diversa vale a dire senza la presenza dei componenti che avevano assunto la decisione oggetto dell’impugnazione. Non è prevista inoltre una ulteriore impugnazione in Cassazione.

Per gli illeciti disciplinari è prevista una legge ordinaria regolerà anche la materia in ambito di sanzioni, composizione dei collegi, procedimento e funzionamento dell’Alta Corte. Le leggi attuative dovranno essere varate «entro un anno» dall’entrata in vigore della riforma. Fino ad allora, pertanto, continueranno ad osservarsi le leggi vigenti.