«Sarebbe improprio se mi pronunciassi. Ripeto: la responsabilità giuridica e politica degli atti del ministro è solo mia. Lei ha sempre e solo eseguito le mie direttive». Con queste parole, rilasciate al Corriere della Sera, il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha difeso la sua capo di gabinetto, Giusi Bartolozzi, finita al centro del caso Almasri. La vicenda, ora all’esame della Giunta per le autorizzazioni della Camera, ruota attorno al ruolo che Bartolozzi ha avuto nella gestione dei rapporti con la Corte penale internazionale e con la Corte d’appello.

Nordio ha spiegato che «la legge attribuisce al ministro un tempo ragionevole per esaminare gli atti della Corte e interloquire con altri organismi. Atti peraltro infarciti di errori, tant’è vero che sono stati rifatti». Per il Guardasigilli, considerare tale ritardo come un’“omissione” equivarrebbe a sostenere che «anche il Tribunale dei ministri lo ha commesso, perché ha sforato tutti i termini». Sul piano giuridico, il nodo resta quello della competenza: Bartolozzi, in quanto capo di gabinetto, deve essere giudicata dai giudici ordinari o insieme al ministro dal Tribunale dei ministri? Il costituzionalista Alfonso Celotto, già capo di gabinetto, ritiene che la questione sia «meritevole di un conflitto di attribuzioni fra poteri», quindi destinata alla Corte costituzionale.

Celotto ha richiamato due precedenti: il caso Ruby/Berlusconi, quando si dovette stabilire se la telefonata in questura fosse un atto ministeriale o comune, e il caso Lockheed del 1977, quando anche i “laici” furono processati dinanzi alla Consulta assieme ai ministri.

Sul piano politico, la vicenda agita gli equilibri della maggioranza. Antonella Forattini, capogruppo Pd in Giunta per le autorizzazioni, ha attaccato: «Donzelli chiede a Ilaria Salis di rinunciare all’immunità. Voterà contro quella che cercano Nordio, Piantedosi e Mantovano? Se non lo farà, siamo davanti al classico doppiopesismo ipocrita della destra, feroce con i nemici e servile verso gli amici».