Rosa Volpe è il nuovo procuratore di Firenze. Lo ha deciso ieri il Plenum del Consiglio superiore della magistratura. Attuale procuratore generale di Salerno, prende il posto di Filippo Spiezia che ha lasciato l’incarico dopo poco meno di due anni per fare ritorno ad Eurojust. Volpe ha avuto la meglio su Alberto Liguori, attuale capo della procura di Civitavecchia. La nomina della magistrata campana, toga legata al gruppo progressista Area, è una cocente sconfitta per la compagine di centrodestra a Palazzo Bachelet che in queste settimane si era spesa per Liguori, da tutti dato come il favorito della vigilia e appoggiato anche da Magistratura indipendente, la corrente moderata dell’Anm. A Liguori, al momento del voto, è però mancato il supporto di uno dei sette togati di Mi, il pm siciliano Dario Scaletta, che ha preferito votare Volpe. Ed è mancato anche il voto del vice presidente del Csm, l’avvocato padovano Fabio Pinelli, voluto dalla Lega, che ha deciso di astenersi a differenza degli altri due componenti del Comitato di presidenza, il primo presidente della Cassazione Pasquale D’Ascola ed il pg Piero Gaeta, che hanno votato Volpe.

Non si sono astenuti i togati indipendenti Andrea Mirenda e Roberto Fontana, anch’essi a favore di Volpe. Con i laici di centrodestra, per la cronaca, ha votato il renziano Ernesto Carbone. A Liguori sono poi mancati i voti di Unicost, la corrente di centro di cui è stato ai vertici e che in passato lo aveva candidato con successo come consigliere al Csm. Il risultato finale è stato quindi di 18 a 13 per Volpe.

Se il centrodestra trionfa nelle elezioni amministrative, stracciando il campo largo, lo stesso non si può dire al Csm dove i suoi candidati vengono puntualmente battuti a favore di quelli sostenuti dai laici del Pd e del M5s con l’appoggio determinante delle toghe di sinistra.

L’ultima bocciatura in ordine di tempo era stata per il posto di presidente della Cassazione per il quale tutti i laici di centrodestra, Isabella Bertolini, Daniela Bianchini, Felice Giuffrè, Daniele Porena (FdI), Claudia Eccher (Lega) ed Enrico Aimi (FI), avevano appoggiato Stefano Mogini. Un dato che dovrebbe smentire la narrazione di questi mesi secondo cui il Csm sia a “trazione” centrodestra con nomine sostanzialmente “filogovernative” e dunque di magistrati “non ostili” all’esecutivo di Giorgia Meloni. Non è comunque escluso che Liguori decida di presentare ricorso al giudice amministrativo.

Tornando però alla nomina di Volpe, la neo procuratrice di Firenze si troverà subito a dover gestire fascicoli “pesanti”. Primo fra tutti quello sui mandanti delle stragi di mafia del 1993 che hanno insanguinato l’Italia. Il procedimento, assegnato all’allora procuratore aggiunto Luca Turco ed al pm Luca Tescaroli, adesso a capo della procura di Prato, vede iscritti Silvio Berlusconi, nel frattempo deceduto, e Marcello Dell’Utri come mandanti delle bombe.

Alla base dell’inchiesta vi è il racconto fatto ai magistrati, molto suggestivo per le tempistiche ma tutto da dimostrare, del mafioso Giuseppe Graviano sul vero motivo della nascita di Forza Italia. Il 26 gennaio 1994 fu il giorno della discesa in campo di Berlusconi con l’ormai celebre video registrato nella villa di Arcore. L’indomani Graviano era stato arrestato a Milano. Il mafioso, reggente del mandamento di Brancaccio, la settimana prima avrebbe però dato l’ordine di dare il “colpo di grazia”, in quanto con la nascita di FI il Paese sarebbe finalmente stato nelle mani dei feroci corleonesi.

Per raggiungere lo scopo bisognava fare esplodere un’auto imbottita di tritolo allo stadio Olimpico al passaggio di un plotone di carabinieri in servizio di ordine pubblico per la partita Roma- Udinese. La strage, per fortuna, non avvenne per problemi al detonatore. Nelle stragi del 1993-94 un ruolo di primo piano lo avrebbe avuto anche il generale dei carabinieri Mario Mori, già comandante del Raggruppamento operativo speciale (Ros) ed ex direttore del Sisde, indagato per favoreggiamento. Per la procura di Firenze sarebbe stata a conoscenza del progetto stragista ma non avrebbe fatto nulla per evitare che fosse portato a compimento.