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Roberto ha settantasette anni alle spalle di lotta e dignità, e un presente segnato da un tumore cerebrale diagnosticato nel 2006 che oggi gli toglie autonomia, lucidità e respiro. Dopo un primo diniego della sua Asl, il paziente veneto ha attivato il percorso per poter accedere al suicidio assistito in Svizzera e ha ottenuto il semaforo verde. Ma la possibilità di morire oltre confine non gli basta. «Voglio andarmene sereno in casa mia», ha spiegato con voce ferma. È per questo che ha chiesto una nuova valutazione alla Asl, avviando un secondo iter per ottenere l’accesso al suicidio assistito in Italia, come previsto dalla sentenza Cappato della Corte costituzionale.
Roberto, un atto di lucidità
La sua storia è quella di una malattia aggressiva che negli ultimi anni ha provocato crisi epilettiche quotidiane, cadute frequenti, deterioramento cognitivo e una prognosi senza vie di fuga. Non esistono terapie utili e l’intervento chirurgico proposto non garantirebbe né il risveglio né condizioni accettabili di vita. Scegliere come andarsene, prima che la malattia cancelli ogni capacità di decidere, è per Roberto un atto di lucidità e libertà. A ottobre 2024 ha presentato la domanda alla sua azienda sanitaria per verificare i requisiti della sentenza 242 del 2019, ma a maggio 2025 si è visto respingere la richiesta: secondo la commissione non sarebbe dipendente da trattamenti di sostegno vitale, uno dei quattro criteri fissati dalla Consulta.
Ora, dopo un peggioramento delle sue condizioni, la Asl ha accettato di rivalutare il suo quadro clinico. La relazione della commissione stabilirà se esistono i presupposti per consentire il suicidio assistito sul territorio nazionale. Un passaggio decisivo per Roberto, che ha deciso di battersi perché il suo diritto all’autodeterminazione sia riconosciuto senza costringerlo a lasciare il Paese in cui ha vissuto.
L’associazione Coscioni al suo fianco
Accanto a lui c’è il team legale dell’Associazione Luca Coscioni, guidato dall’avvocata Filomena Gallo. La giurista sottolinea che la rapidità con cui la malattia può precipitare rende urgente un pronunciamento chiaro della Asl. «Roberto vuole evitare di perdere le funzioni cognitive o di entrare in uno stato vegetativo senza poter più scegliere», spiega Gallo. La riforma chirurgica prospettata non garantirebbe alcuna sopravvivenza dignitosa e non può essere imposta a chi la rifiuta. «È necessario che la commissione valuti la sua situazione tenendo conto della prognosi infausta e del rifiuto di trattamenti invasivi come elementi compatibili con i requisiti della Corte. Se arriverà un nuovo diniego, siamo pronti a tornare in tribunale per far rispettare la sua autodeterminazione terapeutica».


