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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha confermato di aver risentito il leader russo Vladimir Putin, dopo la telefonata del 18 agosto e l’incontro di Ferragosto in Alaska.
«Ogni conversazione che ho con lui è una buona conversazione – ha dichiarato Trump – ma poi purtroppo viene lanciata una bomba su Kiev o da qualche altra parte e io mi arrabbio molto». Nonostante la frustrazione, il presidente americano si è detto fiducioso sulla possibilità di arrivare a una soluzione politica.
Secondo Trump, i colloqui hanno riguardato non solo la guerra in Ucraina, ma anche temi come «missili e nucleare». Ha però aggiunto che Putin «non vuole parlare con Zelensky perché non gli piace», sostenendo che i due leader «dovrebbero incontrarsi prima che io abbia un incontro e probabilmente concluda un accordo».
L’attacco a Zelensky
Trump è tornato a puntare il dito contro il presidente ucraino, definendolo «il più grande venditore del mondo». «Ogni volta che se ne andava dalla Casa Bianca si portava via milioni di dollari», ha detto dal suo Studio Ovale.
Il presidente americano ha ribadito che «non paghiamo più un soldo all’Ucraina, anzi è il contrario: vendiamo armi alla Nato».
Dal canto suo, Zelensky ha confermato la disponibilità a un incontro diretto con Putin: «Questo è il formato necessario per risolvere le questioni chiave, ma serve la stessa prontezza da parte di Mosca». Allo stesso tempo ha chiarito che non considera «una concessione» le dichiarazioni russe sulla rinuncia a nuove conquiste territoriali.
Le garanzie di sicurezza e il ruolo degli alleati
Tra le due sponde dell’Atlantico continua il lavoro sulle garanzie di sicurezza per Kiev. Zelensky ha annunciato che nel weekend si terranno incontri tra una delegazione ucraina e rappresentanti americani, mentre lunedì ha ricevuto l’inviato speciale Usa Keith Kellogg, ringraziando Washington per «la disponibilità a far parte dell’architettura di sicurezza per l’Ucraina».
Quanto all’ipotesi di una missione internazionale di peacekeeping, Pechino ha smentito di voler partecipare, definendo «false» le indiscrezioni circolate.
La pressione russa sul campo e sul piano politico
Intanto, la guerra continua. Mosca ha rivendicato la conquista di un villaggio nella regione di Dnepropetrovsk, mentre proseguono i bombardamenti su più fronti.
Sul piano politico, la Russia insiste nel tentativo di delegittimare la presidenza di Zelensky. Il ministro degli Esteri Sergei Lavrov ha ribadito che Mosca riconosce il leader ucraino solo come «capo de facto del regime», sostenendo che un eventuale trattato di pace potrà essere firmato solo con un presidente «legittimo», rilanciando la teoria secondo cui il mandato di Zelensky sarebbe scaduto nella primavera del 2024.