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Il presidente ucraino Zelensky
«L’ostacolo alla pace è il presidente Putin». Così l’ex direttore della Cia e generale in pensione David Petraeus ha descritto lo scenario della guerra in Ucraina in un’intervista ad Abc News, rilanciata da Kyiv Independent. Secondo Petraeus, nonostante i tentativi di Donald Trump di favorire una tregua, il leader del Cremlino non avrebbe alcuna intenzione di negoziare in buona fede.
«Putin non smetterà finché non gli verranno concessi ulteriori territori», ha detto l’ex generale, sottolineando come Mosca punti da sempre a smilitarizzare l’Ucraina e a installare un governo filorusso. Per questo, secondo Petraeus, gli Stati Uniti e i loro alleati dovrebbero «cambiare le dinamiche» aumentando drasticamente il sostegno a Kiev: sequestrare i 300 miliardi di dollari congelati alla Russia, imporre ulteriori sanzioni – comprese quelle a Gazprom – e colpire ancora più duramente le esportazioni di petrolio.
La posizione russa
Sul fronte opposto, il ministro degli Esteri Sergei Lavrov ha rilasciato un’intervista a Nbc, ripresa da Ria Novosti, nella quale ha negato la legittimità di Volodymyr Zelensky come interlocutore politico. «Zelensky non è più legittimato a firmare documenti legali», ha affermato, sostenendo che un eventuale incontro con Putin avrebbe senso solo se il leader ucraino avesse una vera “agenda presidenziale”.
Lavrov ha ribadito gli obiettivi di Mosca: status neutrale e non nucleare dell’Ucraina, tutela dei russofoni e nessun ingresso nella Nato. «La Russia non è interessata ai territori – ha dichiarato – ma al destino delle persone del Donbass e della Novorossiya».
Garanzie di sicurezza e rapporto con Trump
Il capo della diplomazia russa ha respinto l’idea di garanzie di sicurezza occidentali che escludano Mosca, tornando a indicare i colloqui di Istanbul del 2022 come unico punto di partenza valido. E sul rapporto personale tra Putin e Trump ha aggiunto: «Si rispettano a vicenda, entrambi difendono gli interessi nazionali dei loro Paesi».