È ancora forte l’eco della violenta rivolta scoppiata mercoledì all’interno del carcere di Marassi, a Genova, dove un centinaio di detenuti ha devastato una sezione penitenziaria in segno di protesta per la brutale violenza sessuale subita da un diciottenne, abusato da quattro compagni di cella. L’episodio ha riportato all’attenzione pubblica le condizioni di sovraffollamento e degrado all’interno dell’istituto, che secondo il più recente report di Nessuno Tocchi Caino ha raggiunto punte del 130% di affollamento.

Il segretario dell’associazione, Sergio D’Elia, ha tracciato un quadro drammatico: «Il sovraffollamento è la causa primaria dell’impossibilità di garantire sicurezza e ordine nei penitenziari, perché impedisce qualunque forma di trattamento rieducativo. In queste condizioni, la missione originaria del carcere si dissolve».

SERGIO D'ELIA  NESSUNO TOCCHI CAINO
SERGIO D'ELIA  NESSUNO TOCCHI CAINO
SERGIO D'ELIA NESSUNO TOCCHI CAINO (IMAGOECONOMICA)

D’Elia non ha dubbi: «Un diciottenne non dovrebbe mai essere ristretto con detenuti adulti. Inoltre, almeno il 30% della popolazione carceraria italiana non dovrebbe stare in carcere, ma in centri di recupero per dipendenze, seguiti da psicologi e psichiatri. Ma questi luoghi non esistono o sono insufficienti».

La denuncia si estende anche alle gravi carenze nella gestione quotidiana: «Il carcere diventa un calderone indifferenziato, dove vengono mescolati detenuti senza alcuna distinzione per età, patologie o tipo di reato. Questo genera tensioni, violenze tra detenuti e persino contro gli agenti. È il fallimento strutturale del sistema penitenziario».

Durante le sue visite ispettive, D’Elia racconta di aver riscontrato situazioni simili non solo a Marassi ma in moltissimi altri istituti. «Il carcere è un luogo di privazione della libertà, ma è diventato anche di privazione della salute, della dignità e della sicurezza. Chi è più forte impone la propria legge, spesso con modalità di sfruttamento e schiavitù. Le carceri sono ormai centrali di spaccio: droghe, psicofarmaci, alcol, sigarette entrano in mille modi, dai pacchi ai visitatori, fino a chi lavora dentro».

I dati

I numeri, secondo l’associazione, sono impietosi: oltre 62 mila detenuti in Italia, ma «solo 5.000 sono davvero pericolosi per la società». Gli altri, sostiene D’Elia, «andrebbero curati, non rinchiusi. Eppure, mentre si smantellano i centri di igiene mentale, si lascia tutto in mano alla Polizia penitenziaria, che non è formata per occuparsi di disturbi psichiatrici».

Il quadro tracciato è desolante anche dal punto di vista strutturale: «I penitenziari cadono letteralmente a pezzi, in condizioni igieniche e architettoniche fatiscenti. Non c’è rieducazione, non c’è recupero. Lo Stato ha rinunciato alla sua funzione riformatrice».

Una via d’uscita potrebbe arrivare dalla proposta di legge sulla liberazione anticipata speciale in forma retroattiva, presentata da Roberto Giachetti (Italia Viva) e accolta con favore anche dal presidente del Senato Ignazio La Russa. «È una proposta di merito – spiega D’Elia – che premia chi si comporta bene. Una misura che mira a ridurre la popolazione carceraria senza svuotare le carceri a caso, ma valorizzando la buona condotta e responsabilizzando il detenuto».