Difficile pensare che Matteo Salvini non coglierà la palla al balzo e non farà pesare sul tavolo delle trattative del centrodestra la sua più grande vittoria politica, certificata definitivamente dalla pubblicazione della sentenza di assoluzione per la vicenda Open Arms. «Non esisteva alcun obbligo di far sbarcare la Open Arms in Italia. Chi ha sbagliato è stata proprio la Open Arms nel non cercare altre soluzioni», ha commentato con soddisfazione il suo avvocato Giulia Bongiorno, certificando una vittoria che il segretario leghista non lascerà cadere nel vuoto.

Ora è tutto nero su bianco, e forte delle parole che lo hanno scagionato dall’accusa di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio, al prossimo vertice di maggioranza, atteso a Palazzo Chigi oggi o al massimo lunedì, Salvini cercherà di capitalizzare fino in fondo questo successo. E lo farà rispolverando, almeno dal punto di vista propagandistico, una vecchia – e mai archiviata – ambizione: il ritorno al Viminale.

Un’ipotesi che la premier Giorgia Meloni ha già liquidato in passato con un secco “no”, ma che Salvini potrebbe tornare a cavalcare come bandiera, anche solo per ottenere qualcosa in cambio. Al congresso della Lega a Firenze aveva già lanciato il segnale, consapevole che, se pure il rientro al Ministero dell’Interno appare improbabile, alzare la posta può servire a strappare una compensazione politica. D’altra parte, gli spazi per nuove rivendicazioni si stanno restringendo.

Forza Italia ha chiuso definitivamente la porta sulla questione del terzo mandato per i presidenti di Regione, come ha ribadito Antonio Tajani, smorzando le speranze della Lega di portare a casa la riforma in tempi utili.

«Non siamo contrari per motivi personali, ma per evitare incrostazioni di potere», ha ribadito Tajani. Una posizione ormai consolidata che sposta l’asse del confronto interno su altri fronti: le candidature per le prossime elezioni regionali e la riforma del fisco, terreno su cui la Lega è decisa a ottenere visibilità e risultati concreti. Salvini, quindi, ha tutto l’interesse a giocare d’anticipo e a rilanciare, sfruttando la finestra politica aperta dalla sua assoluzione per reclamare un riequilibrio nei rapporti di forza interni alla maggioranza. Non è un caso che tra i leghisti sia già iniziato il tam- tam: il leader non tornerà al Viminale, ma potrebbe puntare su una corsia preferenziale per le prossime sfide elettorali. Del resto, la partita delle candidature alle regionali è tutt’altro che secondaria.

Con il terzo mandato fuori gioco, la Lega vuole mettere sul piatto nomi e alleanze, soprattutto in regioni chiave dove la concorrenza interna al centrodestra si fa sempre più accesa. Il vertice di maggioranza in agenda sarà quindi un passaggio decisivo. Salvini si presenterà con una forza negoziale rafforzata dalle motivazioni della sentenza di Palermo, che non solo lo ha assolto ma, in qualche modo, lo ha riabilitato agli occhi di una parte dell’elettorato che aveva vissuto la vicenda Open Arms come un processo politico più che giudiziario. «Per nessuno dei tre eventi Sar dell’ 1, 2 e 9 agosto 2019 era sorto in capo allo Stato italiano l'obbligo di coordinare le operazioni di search and rescue e di concedere il Pos», scrive il tribunale.

Una lettura che scagiona pienamente l’allora ministro dell’Interno e smonta la tesi dell’accusa. Il segnale è chiaro: Salvini intende capitalizzare questa “certificazione di innocenza” per riconquistare spazio e centralità, anche a costo di alzare la tensione con Fratelli d’Italia e con la stessa Meloni. La premier, che punta a chiudere i prossimi appuntamenti di governo con un’immagine di compattezza e solidità, dovrà gestire l’ accelerazione del leader leghista, pronto a sfruttare ogni spiraglio per recuperare terreno.

Il negoziato, dunque, è già iniziato. E anche se il ritorno di Salvini al Viminale sembra poco più che uno slogan, il messaggio politico è stato recapitato: la Lega non starà a guardare e sta facendo di tutto per tornare protagonista. Anche mettere in difficoltà l'inquilina di Palazzo Chigi sul fronte più caldo, vale a dire quello della guerra e del riarmo.

Se è vero che negli ultimi giorni stanno tenendo banco le divisioni nel centrosinistra, anche rispetto alla manifestazione contro il riarmo di sabato, su quest'ultimo argomento, all'interno del centrodestra, non si può certo parlare di monolitismo, e il recente vertice dei Patrioti in terra francese (presente Salvini) lascia agevolmente intuire che al momento opportuno il vicepremier ricomincerà a picconare anche su questo fronte.