Ancora tu, ma non dovevamo vederci più? Ci sono temi che nel dibattito politico tornano ciclicamente, e in queste ore si sta parlando, di nuovo e per l’ennesima volta, di patrimoniale. Tutta “colpa” della vittoria a New York di Zohran Mamdani, e la sua proposta di tassare i super ricchi, che nella Grande Mela abbondano. E così di patrimoniale si è tornato a parlare anche in Italia, con il segretario di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni a rilanciare l’idea, la leader del Pd Elly Schlein assecondarla ma traslandola su scala europea, e il presidente M5S Giuseppe Conte smarcarsi spiegando che «non è all’ordine del giorno», mentre per l’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi la proposta non è altro che «un autogol» del centrosinistra.

Insomma, il cosiddetto campo largo è formato da quattro partiti che sulla patrimoniale hanno quattro idee diverse. E chissà che anche questo contribuisca allo spaesamento degli elettori, visto che secondo alcuni recenti sondaggi, due in particolare condotti da Bidimedia e Piepoli, gli attuali leader del centrosinistra non convincono del tutto. Con vive felicitazioni di chi, come l’ex presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, ha ribadito ancora pochi giorni fa che l’alternativa a Giorgia Meloni non è ancora pronta. «Se qualcuno pensa che ci sia già, buona fortuna», ha detto alzando il sopracciglio.

Alla domanda condotta da Piepoli “Lei per chi voterebbe come leader ad eventuali primarie del campo largo?” il 16% degli intervistati ha risposto Giuseppe Conte, il 10% Silvia Salis, il 9% Elly Schlein e ben il 65% “Nessuno di questi”. Da notare come Conte prevalga nettamente tra gli elettori M5S con il 59% mentre in quelli del Pd Salis supera Schlein con il 27% contro il 24%.

Dati che dovrebbero far riflettere la segretaria dem, che nel weekend ha presenziato al Congresso della giovanile del partito accanto al candidato presidente in Campania Roberto Fico e all’attuale presidente, Vincenzo De Luca. Anche perché Schlein finisce terza anche nell’altro sondaggio condotto da Bidimedia in cui sostanzialmente veniva posta la stessa domanda ai soli elettori del campo largo: in questo caso è Salis in vantaggio con il 31%, poco sopra a Conte con il 30% e Schlein con il 27%. Molto staccati il leader della Cgil Maurizio Landini e il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, cioè gli altri due nomi usciti negli ultimi giorni come ipotetiche guide del centrosinistra.

La leader dem risulta tuttavia la più in grado di “unire” le diverse anime, dal momento che nella media tra i più e i meno apprezzati risulta avere il risultato migliore. La ricerca ha poi ipotizzato un eventuale ballottaggio tra Schlein e Conte, tra Salis e Conte e tra Salis e Schlein: ebbene, l’ex presidente del Consiglio perderebbe con entrambe le sfidanti mentre il faccia a faccia tra la sindaca di Genova e l’attuale segretaria dem produrrebbe un perfetto pareggio.

Sarà forse anche per questi motivi che il leader M5S è corso ai ripari negli ultimi tempi, emancipandosi dal Pd su temi decisivi come la sicurezza e, appunto, la patrimoniale. «Da leader di un partito progressista indipendente dico che non è all’ordine del giorno», ha sviato qualche giorno fa, con pronta risposta di Fratoianni secondo il quale «Conte sbaglia» perché «il mondo è cambiato e la quota di ricchezza prodotta dai patrimoni finanziari è sempre più grande». Il leader di Si ha poi sottolineato che «noi non vogliamo introdurre nuove tasse tout court: noi vogliamo spostare il peso fiscale e fare in modo che chi lavora o è in pensione paghi di meno e chi vive di rendita o di speculazione paghi di più».

Ma come già accaduto in occasione dei referendum sulla cittadinanza, in cui l’ex presidente del Consiglio aveva lasciato libertà di voto contribuendo di fatto al mancato raggiungimento del quorum, anche su questo tema è in atto uno smarcamento rispetto al resto della sinistra, anche perché egli stesso ha tenuto a precisare che il M5S non è un partito «di sinistra».

Per non parlare della questione sicurezza, che l’ex inquilino di palazzo Chigi non vuole lasciare in mano alla destra, stessa strategia peraltro di Silvia Salis che qualche sera fa ha parlato della questione nello studio di Otto e mezzo e parlando dunque a un pubblico tendenzialmente di centrosinistra.

Su un punto ieri sembravano tutti d’accordo: la richiesta di dimissioni dell’intero comitato del Garante della privacy, dopo le inchieste condotte da Report. «Sta emergendo un quadro grave e desolante sulle modalità di gestione dell’Autorità che rende necessario un segnale forte di discontinuità», ha detto Schlein, mentre per Conte «le Autority non possono diventare succursali di Colle Oppio».