Ha parlato di “scossa liberale” per Forza Italia, ma il governatore calabrese Roberto Occhiuto sa perfettamente che se la sua iniziativa andasse avanti, per il partito azzurro, potrebbe trattarsi di una scossa tellurica.

L’evento di ieri si chiamava “In libertà”, ma a Palazzo Grazioli - ex residenza romana di Silvio Berlusconi, luogo fondativo e tutt’altro che neutrale per Forza Italia - la parola che è circolata con più insistenza è stata un’altra: leadership.

Roberto Occhiuto è arrivato, ha parlato, ha rassicurato. Ha detto di non voler fondare correnti, di non avere altre ambizioni oltre alla presidenza della Regione Calabria, di voler semplicemente «produrre qualche pensiero liberale». Ma è difficile credere che quanto accaduto nella sala gremita di parlamentari, ex- ministri, imprenditori e reduci del berlusconismo possa essere archiviato come un esercizio teorico o come un appuntamento episodico. Troppi segnali, troppe presenze, troppa consapevolezza del contesto perché l’operazione resti confinata nel perimetro di un convegno.

Il governatore calabrese ha insistito sul punto: «Le correnti sono polverose, appartengono al passato». Eppure la cornice racconta altro. Palazzo Grazioli non è una location qualsiasi, ma un luogo che richiama l’origine del partito e il suo immaginario politico. Così come non è casuale la promessa di un secondo appuntamento a Milano, annunciato per febbraio. È una traiettoria, non un episodio. E arriva a una settimana di distanza dalle parole di Pier Silvio Berlusconi, che hanno rotto un tabù parlando apertamente della necessità di un rinnovamento ai vertici di Forza Italia.

Un passaggio che ha reso improvvisamente contendibile ciò che fino a poco tempo fa sembrava non esserlo e che ha inevitabilmente riaperto la partita interna.

Occhiuto, formalmente vicesegretario, parla già come chi guarda oltre la gestione ordinaria. Lo fa sui diritti civili, invocando il coraggio di affrontare temi che parlano ai giovani e a quell’elettorato che non si riconosce in un centrodestra esclusivamente conservatore, ben sapendo di esprimere una sintonia con casa Berlusconi che Tajani finora non ha manifestato. Lo fa sulla giustizia, rivendicando per Forza Italia l’enfasi del dna garantista e l’intestazione politica della riforma, anche in vista del referendum, senza nascondere l’obiettivo di intercettare voti che oggi guardano altrove. Lo fa persino sugli obiettivi elettorali, sostenendo che un partito oggi fermo all’ 8- 9 per cento potrebbe tornare ad ambire al 20.

Non è il linguaggio di chi si limita a presidiare l’esistente o a difendere l’equilibrio attuale. Attorno a lui si raccoglie un pezzo consistente del partito: ex- ministri, viceministri, parlamentari, esponenti della vecchia guardia azzurra e volti più giovani. Una platea ampia e trasversale, che va oltre le liturgie interne e che manda un messaggio politico preciso: Occhiuto non è isolato, né marginale.

Alessandro Cattaneo si affretta a rassicurare tutti, parlando di nessuna sfida e nessun retro pensiero. Ma è proprio la necessità di rassicurare che segnala l’esistenza di un nervo scoperto e di un equilibrio meno solido di quanto appaia.

Antonio Tajani, da Milano, incassa con il consueto stile diplomatico. Rivendica un partito aperto, ricorda il percorso congressuale già fissato e annuncia la propria ricandidatura nel 2027, invitando chiunque voglia a farsi avanti. Parole istituzionali, corrette, che tengono la linea e rimandano ogni resa dei conti. Ma è difficile immaginare che l’iniziativa di Palazzo Grazioli sia stata accolta con entusiasmo dai “romani”. Più che una corrente, appare come una prenotazione di futuro, coperta da toni concilianti. In pubblico nessuno alza il livello dello scontro. Ma sotto traccia si muove qualcosa che va oltre il dibattito culturale. Occhiuto dice di non avere altre ambizioni. Difficile credergli fino in fondo. La partita per la leadership degli azzurri è dunque al fischio d’inizio, la politica vive di tempi lunghi e di segnali. E quello lanciato da Palazzo Grazioli assomiglia molto più all’inizio di un percorso che a una semplice parentesi.