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MATTEO RENZI POLITICO
Anche gioco sta giocando Matteo Renzi? E soprattutto, quale “mossa del cavallo” ha in mente questa volta? Passeggiando per il Transatlantico sono queste le domande che vanno per la maggiore tra i parlamentari del campo largo, e in particolare tra i dem e i fedelissimi dell’ex presidente del Consiglio.
Perché dopo il (pessimo) risultato del referendum tutti si sarebbero aspettati che il padre del Jobs act passasse all’incasso, riversando sulla segretaria del Pd Elly Schlein, il leader M5S Giuseppe Conte e i “gemelli” della politica Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli di Avs tutte le polemiche per una battaglia che si sapeva persa in partenza.
Non che Renzi non abbia difeso strenuamente la sua riforma simbolo, specialmente nei dibattiti con il leader della Cgil Maurizio Landini, ma chi si aspettava dopo il voto un attacco a testa bassa del leader di Iv contro chi ha sostenuto i quesiti è rimasto deluso.
Perché l’unico messo davvero nel mirino da Renzi è stato lo stesso Landini, che «non potrà mai essere il leader del centrosinistra». Troppo massimalismo, troppe strumentalizzazioni, troppa arretratezza nel pensiero del capo del maggior sindacato in Italia, secondo l’ex presidente del Consiglio, per chi punta a spodestare Giorgia Meloni da palazzo Chigi. E allora perché Renzi non ha rincarato la dose contro Schlein, Conte e compagnia?
La prima risposta è anche quella più semplice, e cioè che il basso profilo del senatore di Rignano nei confronti dei leader del campo largo rientra in una strategia di più ampio respiro che Renzi porta avanti ormai da tempo, e cioè da quella ormai celebre “partita del Cuore” a L’Aquila con tanto di abbraccio a Schlein. Un abbraccio che divenne il simbolo di un cambio di posizione da parte del leader di Iv dopo la fine del terzo polo con Carlo Calenda e che lo portò a sposare in pieno il progetto di un centrosinistra largo, anche con M5S e Avs. Un piano che lo stesso Calenda non gli ha mai perdonato ma che da allora Renzi, e di questo gli va dato atto, non ha mai abbandonato. E dunque se il progetto è quello di creare un’alleanza larga che alle prossime Politiche punti a battere il centrodestra appare evidente come non si possa buttare tutto all’aria “sparando sulla croce rossa”, come avrebbe potuto fare Renzi visto il risultato del referendum.
Ma è la seconda risposta a essere più interessante, visto che riguarda la seconda parte del piano. E cioè una nuova “mossa del cavallo”, secondo la quale i buoni se non ottimi rapporti che Renzi sta tenendo con Schlein sono soltanto una maschera, sotto la quale è celato il vero volto del progetto renzista.
E cioè tenere sì unito il campo largo in vista delle Politiche ma continuando a fare pressioni sui riformisti dem perché prima o poi, magari dopo le prossime Regionali in caso di risultato negativo, la segretaria dem possa perdere il proprio posto al Nazareno. A quel punto, sarebbe un gioco da ragazzi sostituirla con una figura più moderata con la quale Renzi può benissimo dialogare, da Stefano Bonaccini alla neo sindaca di Genova Silvia Salis, giusto per fare due nomi, o perché la vicepresidente Pd del Parlamento europeo, Pina Picierno. Una mossa del genere permetterebbe di spostare l’asse del centrosinistra più al centro, strizzando l’occhio anche a Calenda. E M5S e Avs?
Se Fratoianni e Bonelli potrebbero digerire a fatica una mossa del genere, diverso sarebbe il discorso con Conte. Maria Elena Boschi, fedelissima di Renzi, nelle scorse settimana ha ricordato più volte il rapporto «civile e cordiale» che l’ex presidente del Consiglio all’epoca del covid mantiene con molti renziani, in primis la stessa Boschi. «Facevamo le gare di cucina a casa sua, lui è bravissimo», ha detto di Conte la capogruppo di Iv alla Camera pochi giorni fa.
Certo da quando con la “mossa del cavallo” lo spodestò da palazzo Chigi i rapporti con Renzi sono ancora freddi, ma entrambi (per usare un eufemismo) non amano Schlein, e sono troppo scaltri per farsi scappare un’occasione del genere.