«Sangiuliano? Di una sola cosa è colpevole: di aver promosso una riforma che l'Italia attendeva da decenni, di aver realizzato la sublimazione del merito contro la mediocrità delle conventicole e di aver interrotto un sistema di elargizioni per irrorare di denari pubblici cordate di profittatori», ha dichiarato il senatore Sergio Rastrelli, capogruppo di Fratelli d’Italia nella Giunta per le immunità a Palazzo Madama, a margine del suo intervento sulla domanda di autorizzazione a procedere per il reato di peculato nei confronti dell’ex ministro della Cultura.

La richiesta di autorizzazione, trasmessa dalla Procura di Roma, è stata poi respinta con 112 voti, favorevoli invece 57, in quanto l’eventuale reato sarebbe stato compiuto per «il perseguimento del preminente interesse pubblico nell'esercizio della funzione di governo».

La vicenda riguardava la ormai celebre “chiave d’oro” che lo scorso anno era stata regalata dal sindaco di Pompei, Carmine Lo Sapio, a Sangiuliano come regalo per la cittadinanza onoraria.

Una volta venuto a sapere del costo del cimelio, circa 14mila euro, quest'ultimo aveva però provveduto ad acquistarla versando l’intera somma sul conto della Ragioneria dello Stato. La legge, infatti, stabilisce che gli eventuali regali ai dirigenti pubblici o a chi ricopre incarichi di governo non possano superare il valore di 300 euro.

Ma dal giorno della cerimonia, quando il sindaco di Pompei gliel’aveva consegnata per pochi minuti, giusto il tempo delle foto di rito, la chiave era sparita. In quella occasione era presente anche Maria Rosaria Boccia, la donna che, dopo aver divulgato le proprie chat private con l’allora ministro con cui aveva intrattenuto una relazione sentimentale, lo costringerà alle dimissioni.

Sul mistero della chiave scomparsa erano state quindi aperte due diverse indagini, una dalla Corte dei Conti e l’altra dalla Procura di Torre Annunziata.

Sangiuliano, come detto, inizialmente non conosceva il valore della chiave. Dopo averlo appreso aveva dunque scritto al comune di Pompei per richiedere la fattura e procedere al suo acquisto.

I pm inizialmente avevano contestato al sindaco della città campana il costo eccessivo delle onorificenze.

Oltre al dono a Sangiuliano, adesso inviato della Rai a Parigi, il comune aveva regalato un’altra chiave anche all’ex ministro della Cultura, Dario Franceschini, un rosario d’oro al vescovo Tommaso Caputo e un orologio all’ex direttore degli scavi di Pompei, Massimo Osanna. Tutti questi regali, secondo gli inquirenti, potevano essere inquadrati come una spesa «a titolo personale ma col danaro pubblico» effettuata dal sindaco per promuovere i suoi risultati al fine di accrescere il consenso elettorale.

«Un’onorificenza deve avere un valore in sé», aveva allora replicato Lo Sapio, coinvolto nell’indagine assieme al segretario comunale Vittorio Martino e al dirigente Salvatore Petirro. «Le attività dei dirigenti responsabili dei settori del comune di Pompei sono sempre eseguite su precise disposizioni da me impartite», aveva aggiunto il sindaco.

L’inchiesta, per la cronaca, si era estesa a macchia d'olio, coinvolgendo anche la tipografia scelta per i biglietti da visita e gli inviti realizzati per la cerimonia con Franceschini e Osanna, e la gioielleria che aveva realizzato la chiave di Sangiuliano. Proprio la gioielleria, secondo una interpretazione degli investigatori, non aveva rispettato «il principio di rotazione sugli appalti ad affidamento diretto superiori ai 5mila euro».

«Siamo un’attività da più di cento anni, le cose importanti vengono chieste sempre a noi, non solo da questo sindaco. Quella chiave è un pezzo unico», aveva spiegato la titolare della gioielleria. «Si spendono tanti soldi per strade, luci: ora il problema sarebbe la chiave? Troppa invidia intorno a noi», aveva aggiunto.

Ieri, dunque, è calato il sipario su questa vicenda.