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PASQUALE TRIDICO PRESIDENTE SOTTOCOMMISSIONE PER LE QUESTIONI FISCALI, GIUSEPPE CONTE POLITICO
Oltre la metà degli elettori che hanno votato M5S alle ultime elezioni Europee hanno poi votato No al quinto quesito, quello sulla cittadinanza, al referendum di domenica e lunedì. Il dato, già evidente nelle ore successive al voto vista la libertà di coscienza lasciata dal leader pentastellato Giuseppe Conte e l’alta percentuale di contrari al dimezzamento dei tempi per la concessione della cittadinanza italiana, è stato confermato ieri dall’Istituto Cattaneo, che come di consueto ha pubblicato alcuni dati sul voto.
«Il risultato deludente del Si? sulla cittadinanza è frutto di vari fattori - scrive l’Istituto – La quota relativamente piccola di elettori dell’area liberal- riformista che ha partecipato al voto, si è schierata nettamente per il No sul primo quesito, per il Si sul quinto; al contrario, gli elettori Cinque Stelle massicciamente per il Sì sul primo quesito, si sono divisi sul secondo. Nel complesso, ma soprattutto al Nord, sembrano andati in netta prevalenza sul No».
E se infatti si leggono i dati, appare evidente tale disparità. A Torino poco più della metà di elettori M5S alle scorse Europee ha scelto il No sul quesito per la cittadinanza, che sale a sei su dieci a Milano, e quasi sette su dieci a Bologna, passando per percentuali simili a Firenze, Genova e Padova. Diverso lo scenario al Sud, dove con l’esclusione di Bari dove vincono i No, sia a Palermo che a Napoli oltre sette elettori M5S su dieci hanno votato Sì, fino a Roma dove il voto è diviso esattamente a metà.
Tali numeri dimostrano come il partito di Giuseppe Conte sia un ibrido a seconda se si tiene conto degli elettori del Sud o del Nord. Occorre notare, tuttavia, che ancora oggi gran parte della base elettorale pentastellata si trova sotto Roma, e dunque forse è bene tenere maggiormente in considerazione i dati che riguardano il Mezzogiorno.
In ogni caso, è evidente come l’alto numero di contrari al quinto quesito sia da attribuire in maggior parte proprio ai Cinque Stelle, oltre che a un marginale numero di elettori di centrodestra recatisi comunque al voto nonostante l’invito all’astensione fatto da FdI, Lega e Fi. Ma è altrettanto interessante notare come anche una parte minoritaria ma non trascurabile di elettori Pd abbia anch’essa votato No. A Firenze, Bologna e Genova, tre città governate dai dem e dove il partito di Elly Schlein è nettamente maggioritario, i contrari sono rispettivamente il 25, il 21 e il 22. Un elettore Pd su quattro residente a Firenze, insomma, ha votato No.
Ed è proprio su questi dati che farà leva il leader M5S Giuseppe Conte il quale, a differenza di Elly Schlein, dando libertà di voto sul quesito sembra quantomeno aver intercettato maggiormente il sentire comune degli elettori del campo largo. Del resto, non è un mistero che l’ex presidente del Consiglio punti a scippare alla leader dem la leadership dell’alleanza, puntando a fantomatiche “primarie di coalizione” che dal Pd non accetteranno mai.
E tuttavia anche Schlein non può dormire sonni tranquilli se questi sono i dati e ancor di più con una minoranza interna che dopo il voto è tornata all’assalto del Nazareno, chiedendo un confronto in Direzione perché la linea del partito si sposti al centro, rispetto al massimalismo di Avs, M5S e Cgil più volte rimproverato dai riformisti alla segretaria.
Il futuro del campo largo passerà dalle Regionali, con le sfide in Campania, Puglia, Toscana e Marche decisive per la sorte dell’alleanza. Tra queste, soprattutto la Campania sarà quella decisiva, visto che lì si gioca oltre che la partita contro il centrodestra anche lo scontro interno tra Vincenzo De Luca, che non vorrebbe come candidato l'ex presidente della Camera, il M5S Roberto Fico, ed Elly Schlein, che ha già un accordo verbale con Conte per candidare proprio l’ex numero uno di Montecitorio.
Ma di tutto questo si parlerà durante l’estate: in queste ore al Nazareno c’è solo da leccarsi le ferite, mentre Conte attende fiducioso alla finestra.