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GIANFRANCO PASQUINO PROFESSORE EMERITO UNIVERSITA' DI BOLOGNA
Professor Pasquino, nel weekend che ci aspetta il centrosinistra si dividerà sia ai referendum che alle manifestazioni sul Medio Oriente: come giudica tali divisioni?
Come una straordinaria manifestazione di pluralismo di idee e di proposte da parte della sinistra. Non resta che plaudere a questa situazione che consente agli elettori di vedere quante scelte siano possibili, quali fattibili e quali da evitare. Ovviamente tutto questo va a scapito di una linea politica chiara che la sinistra non riesce a elaborare.
Questo potrebbe essere un problema in futuro?
Non necessariamente, nel senso che la linea politica potrebbe venire marciando separati e colpendo uniti, sapendo però che cosa si vuole ottenere. Temo che all’interno della sinistra ci siano posizioni molto diverse su quello che si vuole ottenere: c’è chi vuole vincere, chi vuole ritagliarsi uno spazio personalistico, chi si limita a fare il predicatore, per quanto benintenzionato. Ma costui dovrebbe capire che si predica molto meglio da palazzo Chigi, dopo aver vinto le elezioni.
Sui quesiti sul lavoro il Pd è spaccato: ha fatto bene Schlein a tenere la linea dura o non avrebbe dovuto rinnegare il passato?
Il Jobs act fu promosso più che dal Pd dalla parte renziana del Pd, che all’epoca era certamente maggioritaria. Oggi è giusto cercare di cambiare quella riforma ma è chiaro che i renziani non possono accettare l’abrogazione di ciò che hanno proposto e approvato. Ma il problema è che non c’è una linea complessiva su cosa si vuole ottenere sul tema del lavoro. Era meglio cercare convergenze su un tema unitario come il salario minimo garantito. Detto ciò, i quesiti sono doverosi ma non è stato spiegato bene all’elettorato su cosa si vota.
Lei cosa voterà?
Intanto è importante sapere che vado a votare e ci vado sempre perché è un dovere civico. Voterò cinque sì anche perché ho una concezione del referendum che va oltre il risultato. Un sì roboante anche se sotto al 50% darebbe il segnale chiaro che c’è una parte consistente di elettorato desiderosa di un mercato del lavoro diverso da quello attuale.
Pensa che si raggiungerà il quorum?
Il quorum è una specie di araba fenice. Che ci sia ciascuno dice, ove sia nessuno sa. Di certo se non si raggiungerà la responsabilità sarà anche della Cisl che non porta i suoi lavoratori a votare per i quesiti formulati e imposti dalla Cgil: è anche il mondo del lavoro a essere diviso, non solo quello della politica.
C’è poi il quesito sulla cittadinanza, con il M5S che ha dato libertà di voto: che ne pensa?
Penso che si sente spesso dire che l’immigrazione sia una risorsa. Da un punto di vista economico probabilmente lo è, dal punto di vista sociale bisognerebbe discutere meglio, dal punto di vista del Paese certamente è l’unico strumento per avere una situazione futura decente. Detto ciò, dare la cittadinanza dopo cinque anni vissuti in Italia mi pare una scelta di civiltà largamente condivisibile.
Nel weekend ci saranno anche le due iniziative sul Medio Oriente: venerdì l’iniziativa dei centristi, sabato la piazza pro Gaza: era prevedibile una divisione?
Era prevedibile e al tempo stesso poteva essere evitata. Ma quelli che organizzano la manifestazione di venerdì lo fanno apposta. Vogliono far vedere che loro sono in grado di fare una loro manifestazione e che sia migliore degli altri. Detto questo si può e forse si deve fare una manifestazione contro il governo Netanyahu e le sue azioni che spesso sono crimini di guerra. Ma non si può pensare che Hamas siano agnellini a favore del welfare. Schierarsi a favore di una Palestina che non esiste è un errore molto grande e non facilita la conclusione della guerra.
Ma coloro che manifestano per Gaza lo fanno proprio per chiedere il riconoscimento della Palestina come entità statale al pari di Israele…
Lo Stato della Palestina non esiste, bisogna costruirlo. Quindi il riconoscimento dello Stato palestinese ad oggi è una stupidaggine colossale. Il passaggio delicato è come e con chi costruirlo. Se non si risponde a questa domanda non si va da nessuna parte.
C’è un altro tema che divide il centrosinistra, e cioè la giustizia. Secondo un rapporto Eurispes quasi la metà degli elettori che si definiscono di sinistra sono favorevoli alla separazione delle carriere: se lo aspettava?
Non me l’aspettavo e le percentuali mi paiono francamente eccessive. Che però ci sia una grande insoddisfazione nel funzionamento della giustizia da parte di molti elettori di sinistra è ovvio, perché la giustizia non funziona. Quello che risalta agli occhi è il corporativismo dei magistrati che non ci permette di avere un’idea su che tipo di giustizia vorrebbero. Personalmente penso che separare le carriere non migliori affatto il funzionamento della giustizia e sia solo un modo che il ministro Nordio ha per cercare di “punire” i suoi ex colleghi.
Le divisioni tra centristi da un lato e Pd, M5S e Avs su questo tema potrebbero diventare un problema in futuro?
Già lo sono e continueranno a esserlo. Bisogna pensare a una riforma che sia legata a parametri di efficienza e giustizia. L’errore principale del centrosinistra è pensare di poter continuare a godere di una certa simpatia da parte di giudici di “sinistra” e su questo ci sarà da discutere.