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GIORGIO SPANGHER AVVOCATO PROFESSORE UNIVERSITA' TOR VERGATA
Approvata due giorni fa in Senato la riforma costituzionale della separazione delle carriere. Ne parliamo con il professore Giorgio Spangher, emerito di procedura penale alla Sapienza di Roma e già membro laico del Csm
Partiamo dal metodo: le opposizioni criticano il fatto che per la prima volta si approva una riforma costituzionale senza far passare neanche un emendamento delle opposizioni.
È cambiato il rapporto fra Governo e Parlamento. La maggioranza tende a realizzare il proprio programma elettorale e la riforma era nel programma elettorale. È chiaro che in questi termini l'idea di concordare con l'opposizione determinate modifiche non sta più nel sistema, che era il vecchio sistema consociativo. Peraltro il tema della separazione delle carriere non nasce improvviso. È una storia che si trascina da tempo. Ci sono state iniziative parlamentari, c'è stata una raccolta di firme dell’Ucpi, il governo ha presentato il proprio disegno di legge di modifica costituzionale, quindi c'è stato tutto il tempo per, come dire, raccogliere le eventuali riserve delle opposizioni così come pure dell’Anm. Sono state ascoltate ma si è ritenuto di non condividerle. È una questione di opportunità politica ma anche di attuale sistema in cui non ci sono gruppi di opposizione che intendono anche entrare in maggioranza. E quest’ultima, sostenendo un governo di coalizione e non uno di compromesso come il precedente, non ha la necessità di appoggi esterni. In questo senso il Governo propone e il Parlamento ratifica.
I detrattori della riforma aggiungono anche che non migliora la giustizia in termini di efficienza, come da ammissione dello stesso Nordio. E allora è solo una rivincita della politica sulla magistratura?
Non è una rivincita della politica sulla magistratura né una questione di efficienza. Si adegua semplicemente il modello costituzionale della magistratura con l’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale impostato in termini assolutamente diversi rispetto a quelli inquisitori e ancor più con la modifica costituzionale, l’art. 111 Cost del giusto processo. Dal 1948 ad oggi questa materia non è stata toccata da modifiche costituzionali e quindi ciò significa che la materia del CSM, con tutto ciò che questo comporta, ha rappresentato un punto fermo nella struttura ordinamentale dell’impianto costituzionale italiano. Tale elemento non modificato dal 1948 ad oggi, proprio perché è rimasto invariato, ha costituito un pilastro del sistema giudiziario e costituzionale del nostro Paese. Il fatto di essere rimasto immodificato ha rappresentato un elemento però significativo perché intorno a questa struttura ordinamentale si è costituito uno schema di potere, il potere della magistratura.
Che pensa del fatto che soprattutto da parte del M5S si siano sventolati cartelli con su scritto “non nel loro nome (Falcone e Borsellino)” ma “nel nome di Licio Gelli e Silvio Berlusconi”?
La questione è molto più complessa dello sventolare figurine. Il M5S usa l’immagine di eroi contro presunti reprobi. Ma sono solo immagini per colpire l’opinione pubblica.
Ma Falcone era a favore o contrario?
Ognuno lo usa a suo piacimento nella dialettica politica. Personalmente credo che non avesse contrarietà alla riforma.
L’Anm ripete: la riforma mette a rischio l’indipendenza della magistratura. Veramente sarà così?
Non è così. Nella riforma è scritto chiaramente che la magistratura resterà un ordine autonomo e indipendente. Tra parentesi il pm è libero in udienza, mentre dipende gerarchicamente dal capo dell'Ufficio. Ribadisco: nessuno vuole toccare la capacità autonoma di determinazione del pubblico ministero e del giudice.
Certo, dal Governo è sempre arrivata la rassicurazione che il pm non sarà assoggettato alla politica. Ma il sottosegretario Delmastro in una conversazione al Foglio ha detto che sarà inevitabile. Lei che pensa?
Questa è una riforma costituzionale che va al di là del pensiero di Delmastro. Qui stiamo mettendo mano alla Costituzione, stiamo facendo un alto discorso culturale e le opinioni di Tizio o Caio contano poco rispetto ad una riscrittura meditata della Carta costituzionale. Una subordinazione al Governo del pm non sarà mai possibile in questo Paese, perché noi partecipiamo ad un sistema europeo.
Marcello Pera in una intervista al Sole 24 ore ha detto che con questa riforma c’è il rischio che si formi una casta di super pm che rispondono solo alla legge senza un controllo gerarchico. Sarà così?
Questo è un discorso invece già più tecnico, perché Marcello Pera è stato uno di quelli che aveva sostenuto anche da tempo la riforma della separazione. Questo è oggettivamente un pericolo. Abbiamo già visto che i pm hanno rafforzato in questi anni la loro autonomia, hanno condizionato fortemente le scelte politiche, hanno chiesto che si intervenisse modificando norme del codice di procedura penale, che si intervenisse correggendo una sentenza delle Sezioni Unite, tanto per fare degli esempi. Poi c’è un altro aspetto sollevato dal gip milanese Roberto Crepaldi in una sua conversazione con l’avvocato Vinicio Nardo durante una puntata dell’Asterisco e che è da tenere in considerazione: «Quello che preoccupa è che la scelta di creare due Csm autonomi genera quello che è stato definito un ascensore istituzionale per i pm arrivando a livello costituzionale a parificarli ai giudici». Questa è anche la stessa obiezione di Zanon che io condivido: «Per una paradossale eterogenesi dei fini si andrà a generare una funzione d’accusa, separata ma costituzionalmente assai più forte, riunita intorno ad un proprio organo di rilevanza costituzionale». Forse sarebbe stato meglio non prevedere due Csm distinti, ma uno unitario diviso in sezioni.
Gherardo Colombo in una intervista a Repubblica ha sostenuto che con questa riforma il governo vuole limitare il lavoro di controllo dei magistrati sulla politica.
Non mi pare sia così. Se la politica ha fatto questa scommessa, ha sbagliato totalmente. I pm continueranno a fare quello che hanno fatto fino ad ora. Però grazie alla riforma avremo un giudice più forte e in una posizione di terzietà e imparzialità rispetto al pm e anche all’avvocato che non dimentichiamoci è l’altro protagonista del processo.
Si sostiene anche da più parti che con questa riforma il pm diventerà una parte del processo e basta e punterà solo ad avere condanne. È così?
Non possiamo oggi ragionare in termini astratti su quali potranno essere le dinamiche di un sistema costituzionale che cambia. Certo non si può escludere che ad un certo punto il Csm dei pm sarà governato soprattutto dalla Procura nazionale antimafia che è quella che è più esposta in termini di lotta alla criminalità e quindi quella che più facilmente può sollecitare il potere politico a intervenire rispetto a un giudice che si rafforza. Dall’altra parte però la politica dovrà avere il coraggio di non farsi limitare. Adesso leggo che la discussione sul sequestro degli smartphone da parte dei giudici, come delineato anche dalla Corte di Giustizia, sarebbe impantanata alla Camera dopo che dei magistrati hanno sollevato delle perplessità. Ecco: vogliamo rafforzare il giudice e allora la politica non si faccia mettere i bastoni tra le ruote dalle procure. Anche su questo piano si gioca l’indipendenza del giudice e il suo potere sull’operato del pm.
Si contesta che non tutti i magistrati sono in grado di sedere al Csm, organo di rilevanza costituzionale, quindi il sorteggio sarebbe un problema.
Io personalmente sono contrario ad un sorteggio secco. Meglio sarebbe stato uno temperato. Probabilmente in sede di attuazione della riforma ci sarà una normativa applicativa che deciderà le modalità del sorteggio: non sono previste ad esempio le quote rosa, non sono previste aree territoriali per il sorteggio, cosicché potremmo avere tutti i giudici di un’area territoriale e pochi giudici di un’altra. Quindi ci sarà sicuramente una legge ordinaria che dovrà dare corso a queste modalità di partecipazione. I criteri sono anche individuati per quanto attiene la composizione politica, ci sarà una estrazione da un numero ampio di politici che verranno indicati all’inizio della legislatura: quindi non ci sarà più la possibilità per la politica di designare i suoi rappresentanti. In questi due profili ci sono gli aspetti correttivi delle patologie perché una delle ragioni della riforma è quella di correggere alcune criticità che si sono evidenziate e il riferimento va al fenomeno delle correnti, al fenomeno del carrierismo, al fenomeno degli interessi che i magistrati hanno a nominare le persone che culturalmente e politicamente sono a sé vicini.
Alta Corte Disciplinare: era necessaria per superare una giustizia disciplinare considerata troppo domestica?
Quando ero al Csm ho fatto parte della sezione disciplinare e le assicuro che era necessaria un’Alta Corte. Il sistema andava corretto. Consideri che la composizione della sezione disciplinare è di sei membri, due laici e quattro togati; quattro togati rappresentano le quattro aree di corrente. Per condannare ci vogliono quattro voti. Ora che lei capisce come funziona la cosa, anche a non voler essere, come dire, sospettosi.
Chi vincerà il referendum?
Tutto dipenderà da come verrà presentato pubblicato ma considerati i precedenti e il calo di fiducia nella magistratura penso che vinceranno i sì.