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IMAGOECONOMICA
Distacco dalle istituzioni e paura delle calamità globali, siano esse economiche o climatiche. Il 37º rapporto Italia 2025 dell’Eurispes, presentato alla Biblioteca Nazionale di Roma, ha gettato uno sguardo profondo sulla crisi di fiducia negli italiani nella politica e sull'indebolimento dell'impegno civile. Una crisi di senso, di significato che, per usare le parole del presidente dell’istituto, Gian Maria Fara, «intacca e deprime i valori e i fattori fondamentali sui quali si sono basati e organizzati i nostri sistemi di convivenza, i nostri processi di crescita e di sviluppo». Una crisi «soprattutto culturale e simbolica», che affonda le radici nella disillusione e nel distacco, sempre più ampio, percepito dai cittadini nei confronti del sistema.
Un sistema che negli ultimi ottant’anni ha saputo condurre gli individui nella direzione, ideale, di un futuro migliore. Oggi, dati i cambiamenti radicali a cui stiamo assistendo, i valori etici, religiosi, culturali, politici e sociali, su cui il sistema poggiava le sue fondamenta, sono messi in discussione. Ma «per fortuna, la nostra democrazia liberale non è minacciata da supposti rigurgiti neofascisti, né da un vento di destra restauratore né, tanto meno, da un nazionalismo folle e autodistruttivo come fu quello di esattamente un secolo fa: la storia non si ripete e se lo fa, ciò avviene in forme diverse, somiglianti solo perché le si vuole vedere come tali», questo perché lo sguardo, velato dalla percezione che si ha delle apparenze, rimane fisso sul passato, su ciò che è conosciuto e definito, e troppo raramente viene volto all’oggi e al domani senza l’ausilio di lenti colorate.
Una prospettiva, che Eurispes offre nell’introduzione al rapporto, è la definizione di un «Patto per la democrazia italiana, finalizzato ad introdurre nel nostro Paese un vero e proprio sistema di governance, in grado di assicurare un rapido processo decisionale e garantire l’esercizio di una partecipazione realmente attiva e responsabile, da parte dei principali soggetti pubblici e privati. Rinnovare le Istituzioni, insomma, e i loro meccanismi decisionali per adattarli alle necessita del tempo presente. E, soprattutto, superare la patologia del ‘contro’ per scoprire i vantaggi della cultura del ‘per’».
Nel quadro del Patto citato l’educazione e la valorizzazione del capitale umano dovrebbero assumere un posto di rilievo fondamentale. «Il tema dell’educazione», spiega Fara, «sta diventando sempre più centrale nel dibattito pubblico italiano, anche se non nella misura ancora necessaria. Rispetto al passato, tuttavia, si sta registrando una maggiore consapevolezza sull’importanza della formazione per il futuro del Paese, poiché essa investe aree strategiche come l’economia, l’occupazione e il lavoro, la correttezza nei comportamenti civili, la sicurezza»
Gli italiani e l’economia
Il Miracolo italiano è ormai un ricordo che si perde nelle nebbie della memoria: il 67,6% degli italiani teme una nuova crisi economica globale, mentre il 44,4% nutre il timore di un fallimento economico finanziario del nostro paese, come accaduto alla Grecia e il 45,2% ha paura di un prelievo fiscale straordinario per salvare l’economia. Più della metà della popolazione, il 55,7%, ha un giudizio negativo sull’andamento generale dell’economia del nostro paese. Portando il fuoco sulla dimensione economica individuale e familiare l’immagine sembra essere caratterizzata da una discreta stabilità, per il 42% dei cittadini la propria situazione economica è rimasta sostanzialmente invariata.
Il pagamento dei canoni di locazione rappresenta la spesa più problematica per il 44,3%, per il 32% è il mutuo, per il 29,1% le bollette e per il 24,9% le spese mediche. Solo il 23,8% riesce a mettere da pare dei risparmi, mentre il 35,4% si trova costretto ad attingervi e il 60% fatica ad arrivare alla fine del mese. Il ricorso alla famiglia d’origine, in situazioni di difficoltà economica, risulta essere la soluzione privilegiata, il 29,2%, almeno per chi ne ha una. Per quanto riguarda l’inflazione l’84,5% degli italiani ha riferito un aumento dei prezzi.
La fiducia nelle istituzioni
Cala ancora la fiducia dei cittadini nei confronti del sistema delle istituzioni, nel 2024 gli italiani sfiduciati erano il 33,1% oggi saliti al 36,5%. La diminuzione non è però generalizzata a tutte le istituzioni, è infatti cresciuta la fiducia nei confronti del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, salita dal 60,8% dello scorso anno al 63,6% del presente. In picchiata i consensi nei confronti del Parlamento che dal 33,6% scivola al 25,4%, con un tonfo di 8,2 punti percentuali. Stessa sorte caratterizza, anche se in maniera più contenuta, l’esecutivo oggi al 30,2% rispetto al 36,2% dello scorso anno, e la magistratura passata dal 47% al 43,9%.
Di converso aumenta ancora il numero di coloro che non ripongono alcuna fiducia nei presidenti di Regione cresciuti al 47,3% rispetto al 38,9% del 2024. Aumenta invece il consenso nei confronti delle forze dell’ordine. L’Arma dei Carabinieri sale nei consensi al 71,6% come cresce la fiducia nella Polizia di Stato salita al 68,6%, e nella Guardia di Finanza che passa al 71,9% rispetto al 66,1% del 2024. Plebiscitario il consenso nei confronti dei Vigili del Fuoco che si attesta all’86,2%. In uno scenario di sempre maggior incertezza geopolitica cresce la fiducia nelle forze armate, sale al 75,% nei confronti dell’esercito, dato sovrapponibile a quelli di Aeronautica, 77,4% e della Marina, 77,1%.
Criminalità giovanile
L’indagine mostra come la criminalità giovanile sia percepita come uno dei fenomeni in crescita, baby gang e teppismo sono aumentati per il 52,5% dei cittadini. Questo dato può essere collegato al fatto che il 55,4% degli italiani si è detto favorevole all’imputabilità penale dei minori sotto i 14 anni per reati gravi.
Carceri
Lo scorso anno si è registrato il più alto numero di detenuti in Italia dal 2014, con una presenza negli istituti detentivi del 20,5% superiore alla regolamentare capienza degli stessi. Secondo le stime mancherebbero 18mila unità per la Polizia penitenziaria in relazione al numero di detenuti. Nel 2024 si sono registrate 67 rivolte nelle carceri, solo nel 28% dei casi si sono registrati feriti.
Gli incendi rappresentano circa il 42% degli eventi in esame, anche se il 45% delle azioni si concretizza in disordini generalizzati, che comprendono anche forme di resistenza passiva, recentemente penalizzate dal decreto legge sicurezza. Il quadro generale è caratterizzato dal sovraffollamento e da condizioni, di vita per i detenuti e di lavoro per gli operatori, al limite della vivibilità. Condizioni che troppo spesso portano le persone a togliersi la vita all’interno degli istituti.
Gli italiani e le tecnologie
Se l’intelligenza artificiale non sembra aver raggiunto una diffusione capillare nella popolazione, circa il 58% dichiara di non averla mai utilizzata, i social permeano ormai la nostra società, solo il 7,9% degli italiani infatti ha dichiarato di non farne uso, anche se spesso, il 46,6% dei casi, vengono percepiti come una fonte di distrazione e di tempo sottratto ad altre attività.