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«Nordio? Non solo io vedrei bene come nuovo Guardasigilli», spiega il professor Giovanni Fiandaca al Dubbio.
Professor Giovanni Fiandaca, emerito di diritto penale all’Università di Palermo e Garante dei diritti dei detenuti siciliani, il quadro generale ( guerra, crisi energetica) potrebbe far scivolare in secondo piano la giustizia?
Mi auguro e confido che così non avvenga. Anche perché l’attuazione delle riforme della giustizia rappresenta uno dei presupposti essenziali per ottenere le risorse previste nell’ambito del Pnrr.
All'interno della maggioranza ci sono due forze politiche che si dichiarano ufficialmente garantiste nel processo e giustizialiste nell'esecuzione penale.
La formula “garantisti nel processo, giustizialisti nell’esecuzione penale”, con la quale in particolare il responsabile giustizia di FdI ha sintetizzato la politica penale del suo partito, è palesemente contraddittoria e irrimediabilmente contrastante con il costituzionalismo penale. Non ci può essere un garantismo dimidiato, come non ci può essere un costituzionalismo monco. I principi e i valori costituzionali relativi alla giustizia penale vanno rispettati nel loro insieme e questo vale per ogni forza politica, a prescindere dalla sua collocazione a sinistra, al centro o a destra. Dovrebbero costituire appunto un patrimonio comune.
E tra i principi costituzionali, aggiungerei tra i principi supremi della nostra Carta, rientra anche il finalismo rieducativo delle pene, come specificazione e concretizzazione nel settore penale dei principi di eguaglianza materiale e solidarietà sociale. Per cui, il Presidente della Repubblica e la Consulta, quali garanti della Costituzione, dovrebbero opporsi ad ogni eventuale tentazione di modificare l’art. 27 Cost. che ne stravolga il contenuto essenziale, come ha già rilevato Andrea Pugiotto sul Riformista.
Un ministro della Giustizia come Nordio secondo lei sarebbe la figura adatta da mettere a Via Arenula con questo tipo di maggioranza ambivalente?
Anche all’interno delle forze di centro destra ci sono per fortuna posizioni differenziate. Non riconducibili unitariamente ad un esasperato populismo carcerocentrico, o ad un garantismo mutilato del tipo “garanzie solo per i colletti bianchi, e processi sommari e forche invece per i delinquenti comuni provenienti dai ceti sociali più disagiati”. Per esempio, un orientamento di fondo molto apprezzabile, direi in ampia misura costituzionalmente orientato, è espresso da Nordio che non solo io vedrei bene come nuovo Guardasigilli. Ho condiviso il suo pensiero su punti cruciali dell’odierna questione giustizia così come riportato da Claudio Cerasa nel recente libro “Le catene della destra”.
Anche Nordio sostiene infatti che lo spazio della pena carceraria va molto dirotto, limitandolo solo agli autori dei reati più gravi e che siano davvero pericolosi socialmente, che un sistema penitenziario come quello esistente è criminogeno e che la quantità dei reati andrebbe non poco sfoltita così da contrastare l’inflazione penalistica, che è una delle principali cause dei tempi lunghi dei processi. Nordio è anche d’accordo su una più accentuata separazione delle carriere e sull’esigenza di rivedere le funzioni e i poteri del pm. In proposito concordano non pochi giuristi di orientamento politico progressista.
Così non si rischia uno scontro con la magistratura?
Per scongiurarlo, occorrerebbe una buona volta evitare di affrontare questi argomenti tuttora controversi con atteggiamento preconcetto e aggressivo da scontro ideologico o da guerra di religione e bisognerebbe ragionare con mentalità più laica e con approccio più pragmatico attento, oltre che ai principi astratti, pure alla realtà empirica del sistema giudiziario. Comunque non vedrei male come nuova Guardasigilli neppure Giulia Bongiorno, che è stata in anni non vicini una mia brava allieva e che mi risulta essere portatrice di orientamenti non estremistici, ma forse è più punitivista di Nordio.
Al convegno dell’Ucpi lei ha detto che Cartabia avrebbe potuto avere più attenzione normativa al carcere.
Volevo dire che avrebbe forse potuto concepire qualche intervento legislativo diretto a sfoltire la popolazione carceraria, agevolando ad esempio l’uscita dal carcere di condannati a pene residue molto brevi, rispetto ai quali la pena detentiva finisce col risultare inutile o comunque più dannosa che utile. Ma questo rilievo non mi impedisce di riconoscere i meriti della ministra nell’avere innescato una importante svolta culturale nel nostro sistema penale con la revisione e il potenziamento delle pene extracarcerarie e l’apertura alla giustizia riparativa.
Forse la sua unica eredità su questo tema è la nomina di Carlo Renoldi al Dap.
Questa svolta politica culturale è anche testimoniata da questa nomina. Mi auguro che venga confermato e non sostituito dal nuovo governo perché egli interpreta con notevole competenza e con molto equilibrio il modello di una pena costituzionalmente orientata, senza cedere a compiacenti clemenzialismi e senza soggiacere alla tentazione di ingiustificati irrigidimenti repressivi, che oltretutto potrebbero oggi provocare reazioni negative nella stessa popolazione carceraria: Renoldi contempera saggiamente invece tutela della sicurezza collettiva e diritto alla rieducazione di ogni condannato, che è appunto quel modello di equilibrato contemperamento di esigenze costituzionali concorrenti che dovrebbe stare a cuore a tutte le forze politiche, come patrimonio valoriale comune.
D’altra parte cercare di valorizzare, oltre a preoccuparsi della tutela della sicurezza, la finalità rieducativa non è una generosa concessione fatta ai delinquenti, ma tiene conto pur sempre dell’utilità generale, se è vero che una pena rieducativa serve a ridurre la recidiva e a prevenire di conseguenza il numero dei reati futuri.
Il Terzo polo è l'unico garantista nel parlamento?
Per come conosco gli orientamenti passati e presenti dei partiti politici escluderei che il garantismo e il giustizialismo siano orientamenti esclusivi di alcuni partiti. In realtà anche nell’ambito di un partito come il Pd persistono tuttora settori giustizialisti e carcerocentrici, mentre mi sembra troppo presto per potere appurare se la vera e più credibile casa del garantismo penale coincida di fatto, al di là di alcune pur significative affermazioni di principio, con il nuovo centro di Calenda e Renzi.