«L’avvocatura di domani? Più consapevole del proprio ruolo. Siamo in un passaggio storico decisivo: dobbiamo scegliere di esserne protagonisti, come parte attiva del cambiamento». Il presidente del Consiglio nazionale forense Francesco Greco ha le idee chiare sui prossimi passi che l’avvocatura dovrà compiere per scrivere il futuro della professione. A partire dal progetto di riforma dell’ordinamento, già consegnato nelle mani della politica dopo un lavoro collegiale dell’avvocatura. L’obiettivo? Affrontare le sfide di una società che cambia con il giusto spirito, tutti insieme, senza timori. Un po’ come suggerisce l’iniziativa che si terrà domani nel Villaggio Olimpico per la prima edizione di “Milano Law&Run”: una manifestazione patrocinata da Cnf e Cassa Forense per unire sport, formazione e prevenzione attraverso un ciclo di incontri tematici e una gara di corsa di 10 km, il Campionato nazionale forense, a cui si affiancherà un percorso “amatoriale”. Gli avvocati iscritti all’evento potranno accedere gratuitamente a check up e visite specialistiche, grazie alla Carovana della Prevenzione dell’Associazione Komen Italia e alla partecipazione dell’Ospedale Niguarda. Il tutto con un accesso privilegiato al Villaggio Olimpico, che aprirà le sue porte in esclusiva agli avvocati prima della consegna ufficiale al Cio.

Presidente Greco, che significato ha questa iniziativa per il Cnf?

La “Milano Law&Run” è un’iniziativa che ben interpreta il nuovo modo di essere della nostra professione: aperta, dinamica, attenta al benessere della persona e capace di integrarsi con la società civile. L’anteprima nel Villaggio Olimpico di Milano – Cortina 2026 simboleggia perfettamente questa tensione verso il futuro a cui mira l’avvocatura. Sarà un’occasione per condividere con tanti colleghi e amici momenti di sport, attenzione alla salute e formazione, ma anche per ribadire il ruolo sociale degli avvocati come presidio di legalità e raccordo nodale tra istituzioni e cittadini.

La giornata si aprirà alle 14.30 con un convegno istituzionale al quale lei prenderà parte insieme alla presidente di Cassa Forense per dialogare sul futuro della professione, dalla riforma del sistema previdenziale al nuovo ordinamento professionale. A che punto sono i lavori?

Il progetto di riforma della legge professionale forense è frutto di un lavoro collegiale di tutta l’avvocatura. Lo abbiamo trasmesso alla politica, con l’auspicio che il Parlamento ne accolga il senso profondo: una riforma costruita dal basso, nel rispetto dei principi costituzionali e dell’autonomia di una professione rinnovata, moderna e coerente con l’evoluzione del ruolo dell’avvocato nella società. Al centro ci sono alcuni principi chiave: il superamento dell’attuale sistema delle incompatibilità, il rafforzamento del segreto professionale, il potenziamento della deontologia, baluardo della nostra professione, soprattutto in un’epoca in cui l’intelligenza artificiale pone nuove e complesse sfide etiche e giuridiche. Una legge per gli avvocati, ma anche per i cittadini che hanno bisogno di una difesa tecnica efficace e competente.

Di nuove tecnologie e intelligenza artificiale applicata alla giustizia si parlerà anche nel corso dell’evento. Come bilanciare rischi e opportunità nel campo dei diritti?

L’intelligenza artificiale ha una portata rivoluzionaria enorme per l’attività degli avvocati e per l’organizzazione della giustizia. È sicuramente una sfida complessa che l’avvocatura italiana deve governare, senza appiattimenti sul passato. L’IA può essere uno strumento di supporto nell’analisi e gestione delle fonti normative, ma non ci stancheremo mai di ribadire che qualunque provvedimento emesso dal giudice, un’ordinanza, un decreto, una sentenza, deve essere solo frutto della potenza della mente umana. Il giudice non può sacrificare le proprie capacità intellettuali in favore dello strumento tecnologico. L’algoritmo non può decidere chi ha ragione o torto, chi è innocente o colpevole: può semplificare, velocizzare, agevolare il lavoro. Ma la giustizia – quella vera – ha bisogno di empatia, di etica, di ragionamento critico.

L’evento sarà un vero e proprio “check-up dell’avvocatura”: quali sono, a suo avviso, le aree più critiche della professione?

La diminuzione del numero degli iscritti, le disparità di genere e reddito, le difficoltà di conciliazione tra vita e lavoro e una diffusa insoddisfazione economica tra le avvocate e gli avvocati, specialmente nelle regioni più svantaggiate. L’ultimo Rapporto Censis commissionato da Cassa Forense evidenzia infatti una fotografia in chiaroscuro, soprattutto per il dato sul gender pay gap.

Giovani universitari e praticanti sono i futuri avvocati di domani: qual è la visione del Cnf sul tema della formazione?

La formazione è un’importante leva di emancipazione professionale, come abbiamo indicato nel testo di riforma della legge professionale. Benissimo la formazione tecnica, ma occorre anche investire nella formazione culturale e valoriale: perché essere avvocati oggi significa avere ottime competenze giuridiche, certo, ma anche capacità di ascolto, mediazione, leadership, organizzazione.

La 10 km che si terrà nel pomeriggio è anche metafora di una professione che corre verso il futuro. Dove vede l’avvocatura italiana nei prossimi 10 anni?

La vedo più forte, più unita e più consapevole del proprio ruolo. L’avvocatura deve tornare ad avere voce nella società, deve essere parte attiva del cambiamento, e non spettatrice. Siamo in un passaggio storico decisivo: dobbiamo scegliere di essere protagonisti. La corsa – anche quella simbolica di 10 km – è verso una professione che sappia affrontare la complessità con coraggio e visione.