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In this photo released by the official website of the office of the Iranian supreme leader, Supreme Leader Ayatollah Ali Khamenei speaks to a group of people and officials in Tehran, Iran, Friday, March 21, 2025. (Office of the Iranian Supreme Leader via AP)
«L’Italia è casa mia, ma il mio cuore batte sempre per il Paese in cui sono nato e da cui sono fuggito tanti anni fa: l’Iran». Davood Karimi, presidente dell’Associazione rifugiati politici iraniani in Italia, sta vivendo, come tanti suoi connazionali trasferitisi all’estero, ore di grande tristezza e apprensione. Il futuro dell’Iran è ancora incerto. Il vero cambiamento potrà realizzarsi solo con la fine del regime e la condanna dei suoi responsabili al termine di un regolare processo. «Dal 1982 – racconta al Dubbio Davood Karimi – sostengo i rifugiati e i dissidenti, sempre con uno sguardo attento alle vicende interne dell’Iran». L’ex ambasciatore iraniano, Mohammad Hossein Naqdi, morì tra le braccia di Karimi, a Roma, il 16 marzo 1993. Il diplomatico una decina di anni prima, in segno di protesta contro il regime di Khomeini, decise di dissociarsi dal governo della Repubblica islamica consegnando alle autorità italiane il passaporto diplomatico. Venne ucciso a colpi di mitraglietta da alcuni sicari inviati da Teheran. Il terrorismo iraniano ha eliminato dai primi anni Ottanta del secolo scorso oltre duecento dissidenti in tutta Europa.
Dottor Karimi, l’Iran può voltare pagina? Il regime ha le ore contate?
Questo regime per quarantasei anni ha creato sempre tensione nel mondo, perché la sua ragione di vita è nella guerra. Se siamo arrivati a questo punto è perché ci sono state sottovalutazioni politiche. Mi viene in mente l’accondiscendenza del primo ministro britannico Chamberlain, che poi portò alla Seconda guerra mondiale. Da oltre quarant'anni io e altri oppositori denunciamo questo regime, la sua violenza, la sua disumanità, il suo integralismo. Già molti anni fa abbiamo denunciato la creazione di armi di distruzione di massa, il lavoro del regime per dotarsi della bomba atomica. Gli errori di sottovalutazione del passato ci hanno portato alla situazione attuale. Per fortuna ci sono stati anche politici attenti e lungimiranti sparsi per il mondo. In Italia, il senatore Giulio Terzi, ex ministro degli Esteri, da tempo, nelle piazze e nelle istituzioni, ha messo in guardia sul pericolo fondamentalista.
Khamenei ha minacciato anche gli Stati Uniti. L'Iran può fare ancora male soprattutto a Israele?
Khamenei è una minaccia per tutta l’umanità. È una minaccia costante che non può protrarsi all’infinito e va neutralizzata. Ecco perché, fino a quando questo regime sarà in piedi, ci sarà sempre da preoccuparsi. Il regime iraniano, fin dallo scontro con l’Iraq dei primi anni Ottanta, ha sempre fatto ricorso alla guerra, considerandola addirittura un “dono di Dio”.
La repressione del dissenso si farà ancora più dura in questo momento?
Il regime ha annientato, distrutto, eliminato fisicamente e politicamente ogni forma di dissenso. Io, ma penso di interpretare il pensiero di tanti altri rifugiati, sono contro la guerra, contro la politica di accondiscendenza che ha preso corpo negli anni e credo in una sorta di “Terza via”, che sarebbe l’alternativa democratica. Il problema è che il regime iraniano, quando c'è un momento di crisi mostra il suo vero volto, ancora più violento, contro gli oppositori, quelli veri. Vengono uccisi con le accuse più disparate, compresa quella di fare gli interessi di altri Paesi. Mi faccia fare un’altra riflessione a tal riguardo.
Dica pure…
Occorre abbandonare la politica di accondiscendenza e incentivare la politica del dialogo. Fino ad oggi, spiace dirlo, il metodo portato avanti dall’Europa e dall’America, ha consentito al regime iraniano di rafforzarsi, sottovalutando i rischi ai quali sta esponendo il mondo intero.
Nel caso di eliminazione dell’ayatollah Khamenei, si aprirebbe una fase di vera democrazia? Gli oppositori politici iraniani all'estero potrebbero contribuire alla ricostruzione del Paese?
Voglio sottolineare un concetto già richiamato prima: la guerra non è una soluzione. La guerra che nasce dall’estero non è una soluzione definitiva. Sono convinto che la soluzione del problema vada trovata alla radice. La radice del male bisogna sradicarla. E questo può avvenire solamente per mano del popolo iraniano. Ecco perché noi diciamo “No alla guerra, no all’appeasement”. Se Khamenei verrà ucciso, il percorso verso la democrazia sarà senz’altro agevolato. Se ciò dovesse avvenire, spero che si verifichi attraverso le piazze iraniane, altrimenti Khamenei diventerà un martire. Khamenei deve essere arrestato, processato di fronte al mondo intero e confessare tutto il male che ha fatto all’umanità, a partire dal popolo iraniano. È il responsabile dell’uccisione di donne incinte, ha fatto fucilare anche ragazze di dodici, tredici anni. Ha fatto sparare sui bambini durante le manifestazioni di protesta. Khamenei deve rispondere di questi crimini da vivo e non da morto.
Se il percorso democratico dovesse realizzarsi, lei farebbe ritorno a Teheran?
Io sono in Italia da 46 anni, ospite del grande popolo italiano. Ho due figli italiani. Spero con tutto il cuore che l’Iran possa raggiungere la libertà. Sarebbe, dopo tante tragedie, un dono inestimabile non solo per popolo iraniano, ma per tutte le popolazioni del Medio Oriente e per tutte quelle che sono state colpite dall’integralismo, dal fondamentalismo e dal terrorismo. Sarei ovviamente onorato di ritornare in Iran, baciare la terra del Paese in cui sono nato e che, purtroppo, è stata bagnata con il sangue di tanti caduti, martiri della libertà e della democrazia.