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Luca Palamara, ex presidente dell'Anm, radiato dalla magistratura dopo il caso dell'hotel Champagne
Il caso Palamara è davvero chiuso? Davvero hanno pagato tutti coloro che hanno sbagliato? Non secondo il ministro della Giustizia Carlo Nordio, che nel corso di un convegno organizzato da Magistratura Indipendente ha dichiarato che dietro il caso che ha sconvolto la magistratura ci sarebbe «molto ma molto di più, che è stato insabbiato». Convinto che a pagare siano stati solo «quattro poveretti». Ne parliamo con il protagonista, Luca palamara.
Cosa ne pensa delle parole del ministro? Cosa non è venuto ancora alla luce?
Non sono nella testa del ministro Nordio, ma penso che si riferisse all’uso parziale delle chat che coinvolgono numerosi magistrati ora promossi in posti apicali e al fatto che impedire la testimonianza di tanti magistrati nel procedimento disciplinare che mi riguardava ha precluso la possibilità di comprendere le modalità attraverso le quali avvenivano le nomine dei più importanti uffici giudiziari ed i rapporti tra Anm, Csm e correnti. Non dimentichiamo, poi, che era prassi diffusa che i segretari delle correnti, nessuna esclusa, facessero le riunioni all’interno del Csm con i singoli componenti in prossimità delle nomine più importanti e che agli atti mancano svariate intercettazioni ad iniziare da quella famosa con il procuratore Pignatone.
Deve essere chiarito come sono stati scelti gli inquirenti che hanno operato: l’impiego di personale non operativo in quanto addetto ad una scuola di polizia è un fatto unico e va chiarito come e da chi erano trattati i dati giudiziari al di fuori del circuito ordinario. Resta ancora un mistero da chiarire il ruolo di Sarcina, appartenente ai servizi, nelle fasi che hanno preceduto la formale consegna del rapporto sulle indagini alla procura di Roma. A tutto ciò posso aggiungere che ancora non è venuto alla luce tutto quanto collega l’inchiesta che da Roma è stata trasmessa alla procura di Perugia a quella parallela sulla Loggia Ungheria basata sulle dichiarazioni dell’avvocato Amara, il quale in un interrogatorio del 10 giugno del 2021 al gup di Potenza ha dichiarato che dopo aver compreso che l’inchiesta di Perugia calava su Palamara si è comportato di conseguenza. Sullo sfondo resta la vicenda del cancelliere di Perugia Raffaele Guadagno, unico a pagare per accesso abusivo ai sistemi informatici per aver consegnato la richiesta di archiviazione al giornalista Antonio Massari del Fatto quotidiano. E per i giornalisti del Corriere della sera e di Repubblica? Perché questa disparità di trattamento? Chi aveva interesse che facessero la grancassa mediatica su una vicenda rivelatasi una bufala? Penso sia giunto il tempo di dimostrare nelle sedi istituzionalmente competenti tutto quanto è avvenuto, non con le parole, ma come giustamente pretendono i magistrati della corrente di Area con le prove e con i documenti. E da qui a breve tutto potrà essere più chiaro.
Lei ha fatto nomi e raccontato dinamiche nei suoi libri e nelle interviste. È disposto a fare di più, magari in una sede parlamentare, se convocato?
Quel libro è stato boicottato in tutte le sedi, ma alla fine è risultato il più venduto perché tanti cittadini, che ho avuto modo di incontrare in giro per l’Italia, hanno voluto comprendere i meccanismi interni alla magistratura senza accontentarsi di verità precostituite e di un racconto ipocrita fornito dalla stampa di riferimento. Sono sempre a disposizione in qualunque ambito istituzionale a fornire qualunque chiarimento con la premessa che il bene della magistratura viene prima di ogni cosa.
Come risponde alle parole di Loredana Miccichè, presidente di Magistratura indipendente, che rivendica il Csm come “baluardo dell’autonomia” e sostiene che la magistratura ha saputo riformarsi dopo il suo caso?
Ognuno è libero di dire ciò che pensa ed io rispetto l’onestà intellettuale di Loredana Miccichè. Però lei ha fatto parte della stessa consiliatura di Ilaria Pepe che, secondo quanto dichiarato dall’altro consigliere del Csm Sebastiano Ardita, sentito come testimone a Brescia, ha dichiarato di aver votato per Michele Prestipino quale procuratore di Roma perché spinta da “forze oscure”. Sarebbe interessante sapere a cosa si riferisse ma tutti si sono ben guardati dallo svolgere accertamenti. Così come sarebbe interessante sapere cosa ne pensa Miccichè su quanto dichiarato da Matteo Renzi su David Ermini nel libro “Il Mostro”.
In che modo, secondo lei, le correnti oggi esercitano ancora potere sul sistema delle nomine e della carriera?
L’abolizione dell’anzianità, l’introduzione del merito, la durata temporanea degli incarichi hanno determinato una corsa sfrenata al carrierismo. In questo ambito le correnti hanno stravolto il loro iniziale ruolo diventando strumenti di potere nelle dinamiche interne delle nomine della magistratura.
Il governo propone il sorteggio per i togati del Csm. È la strada giusta per rompere il legame tra magistrati e correnti?
Sul sorteggio dei componenti del Csm si muovono le critiche più distruttive dell’Anm e ciò è perfettamente comprensibile: difendere l’esistente è un dogma al quale non si può abdicare. Ciò in quanto ne risulta demolito alla radice il potere condizionante del correntismo sui singoli magistrati, oggi premiati o puniti in base alle appartenenze. Togliere il “voto” per il dominio del Csm vuol dire privare di ogni appeal (diverso da quello puramente ideale) l’adesione ad una fazione togata. Non conterà più l’appartenenza e ci si dovrà affidare soltanto alle regole, cosa che paradossalmente i magistrati, a partire da me quando ero Presidente dell’Anm, temono moltissimo.
Lei è stato radiato. Ci sono mai stati, a suo parere, due pesi e due misure nel giudizio disciplinare nei confronti suoi e di altri colleghi coinvolti in casi simili?
Se avessi scelto il ruolo di vittima, non sarei stato né espulso dalla Anm né radiato dal Csm perché dimettendomi avrei impedito questo tipo di decisione come ad esempio recentemente ha fatto Prestipino. Non ho mai compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio, questo hanno detto i processi. E non ho mai inteso screditare i miei colleghi. Per questo non consentirò più a nessuno di associare il mio nome alla parola scandalo. Da chiunque provenga mi tutelerò in ogni sede. Sicuramente nel mio percorso ho commesso errori e penso di averli pagati, al contrario di tutti gli altri. Quello che ho raccontato nel libro “Il Sistema” non mi è stato perdonato, ma non è stato mai contro la magistratura, ma, al contrario, un tentativo di porre al centro del dibattito l’attuale tenuta del sistema correntizio e l’organizzazione politica che si è data la magistratura. Di quel sistema ho fatto parte e l’ho raccontato per squarciare il velo di ipocrisia. È indubbio che di quella vicenda tanti sono stati beneficiari e oggi, in modo opportunistico, indicano in me il solo colpevole: chi prima sedeva in terza fila oggi si trova nei posti di comando e, per forza di cose, deve screditare il passato per potersi accreditare come “uomo nuovo”.
Chiederà una revisione del processo?
Assolutamente sì. Stiamo già procedendo alla raccolta di tutti i nuovi elementi di prova ad iniziare dalla sentenza di assoluzione del Tribunale di Perugia sul delitto di rivelazione del segreto di ufficio oramai passata in giudicato, che impatta per me positivamente sulla seconda parte dell’incolpazione disciplinare che mi è stata contestata.